mercoledì, 08 ottobre 2025 | 12:55

ASD: la Cassazione conferma la decadenza dal regime agevolato

Le associazioni sportive dilettantistiche possono beneficiare del regime agevolato solo se, nello svolgimento della propria attività, rispettino i principi di democraticità e svolgano attività senza fini di lucro (Cassazione - ordinanza 02 ottobre 2025 n. 26540, sez. trib.)

ASD: la Cassazione conferma la decadenza dal regime agevolato

Le associazioni sportive dilettantistiche possono beneficiare del regime agevolato solo se, nello svolgimento della propria attività, rispettino i principi di democraticità e svolgano attività senza fini di lucro (Cassazione - ordinanza 02 ottobre 2025 n. 26540, sez. trib.)

Nel caso di specie, con sentenza della CTR veniva accolto l'appello proposto dall'Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla associazione sportiva dilettantistica avverso l'avviso di accertamento con il quale l'Agenzia delle entrate accertava maggiori imposte e sanzioni.

La sentenza impugnata, ritenuta legittima la notifica dell'appello, riformando la decisione resa dal giudice di prime cure, accertava che l'associazione sportiva dilettantistica, a differenza di quanto previsto dallo statuto, svolgeva attività perseguendo fini di lucro e mancava di democraticità, in violazione delle prescrizioni previste dall'art. 148, co. 8, del TUIR. Pertanto, non poteva beneficiare delle agevolazioni fiscali di cui alla Legge n.398/1991 e, quanto ai rimborsi spese, il giudice accertava che non erano documentati viaggi e correlativi rimborsi. Per l'effetto, riteneva legittima la rideterminazione delle imposte applicabili ai redditi prodotti dall'impresa commerciale, oggetto dell'avviso di accertamento.

Avverso la sentenza d'appello la contribuente ha proposto ricorso per Cassazione affidato a quattro motivi, cui replica l'Agenzia delle entrate con controricorso.

Con il primo motivo la ricorrente ha censurato l'omessa motivazione in relazione ad elemento decisivo per il giudizio e la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ritenendo inammissibile l'appello per mancato rispetto delle modalità di notifica e/o tardività dello stesso. In particolare, la CTR avrebbe errato nel rigettare l'eccezione di inammissibilità, non essendo stata la notifica dell'atto di gravame effettuata con plico raccomandato senza busta, ma con busta, come previsto. Il motivo è risultato affetto da concorrenti profili di inammissibilità e infondatezza: da un lato, perché è stato articolato in più profili di doglianza tra loro confusi e inestricabilmente combinati, senza tuttavia possedere i caratteri della tassatività e della specificità previste dall'art. 360 c.p.c.; dall'altro, perché la giurisprudenza di questa Corte ha considerato la spedizione a mezzo posta dell'atto d'appello in busta chiusa, anziché in plico senza busta, una mera irregolarità in assenza di contestazioni sul contenuto della busta e sulla sua riferibilità alla parte.

Con il secondo e terzo motivo, esaminati congiuntamente in quanto connessi, la ricorrente ha prospettato l'erroneità e/o contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata e/o omessa o parziale valutazione delle prove, in particolare delle dichiarazioni dell'utenza e delle risultanze documentali relative alla comunicazione dell'associazione. Tali motivi sono stati ritenuti inammissibili, in quanto hanno configurato una mera riproposizione di elementi di fatto, senza avere indicato norme violate o fatti decisivi omessi, mirando ad ottenere una rivalutazione del materiale probatorio, estraneo alla natura e alla finalità del giudizio di legittimità.

Con il quarto e ultimo motivo di ricorso è stata censurata la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 69 del TUIR, per avere il giudice di seconde cure tassato l'intero importo dei compensi, anziché la mera eccedenza oltre i 7.500 euro. Tuttavia, il pertinente capo della sentenza non ha indicato e né riportato nel testo del motivo, né ha censurato l'accertamento in fatto compiuto dalla CTR circa la mancanza di prova di dette spese. Il motivo è stato ritenuto inammissibile per mancato confronto con la decisione impugnata.

In conclusione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, condannando la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell'Agenzia delle entrate.

di Ilia Sorvillo

Fonte normativa

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