giovedì, 02 ottobre 2025 | 17:02

Agevolazione “prima casa”: il cambio di destinazione d'uso non fa perdere il beneficio fiscale

La mera contiguità temporale (tre giorni) tra il mutamento della destinazione d'uso da abitazione (A/2) ad ufficio (A/10) e l'acquisto del nuovo immobile da adibire ad abitazione non è di per sé sufficiente per poter affermare la mala fede (Cassazione - sez. trib. – ordinanza 22 settembre 2025 n. 25868)

Agevolazione “prima casa”: il cambio di destinazione d'uso non fa perdere il beneficio fiscale

La mera contiguità temporale (tre giorni) tra il mutamento della destinazione d'uso da abitazione (A/2) ad ufficio (A/10) e l'acquisto del nuovo immobile da adibire ad abitazione non è di per sé sufficiente per poter affermare la mala fede (Cassazione - sez. trib. – ordinanza 22 settembre 2025 n. 25868)

Nei fatti di causa esaminati dalla Suprema Corte la contribuente impugnava gli avvisi di accertamento a titolo di imposta di registro notificatile per aver l'Ufficio delle Entrate ritenuto sussistente una causa di decadenza dal beneficio agevolativo della “prima casa” per abuso del diritto, risultando la contribuente in possesso di un immobile che aveva già goduto delle agevolazioni prima casa.

La CTP di Bologna accoglieva il ricorso, osservando che la nota II bis dell'art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, prevede che, al momento dell'acquisto agevolato di un immobile ad uso abitazione, l'acquirente non sia titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l'immobile da acquistare, laddove per il precedente immobile (in relazione al quale aveva goduto l'agevolazione "prima casa") la contribuente aveva già ottenuto il cambio di destinazione d'uso da abitazione (A/2) ad ufficio (A/10).

Sull'impugnazione dell'Agenzia delle Entrate, la CTR dell'Emilia-Romagna rigettava il gravame, affermando che nella valutazione del requisito oggettivo relativo alla non disponibilità di altro immobile si deve tener conto esclusivamente della classificazione catastale dell'immobile e non della sua concreta destinazione, che al momento del trasferimento della residenza la contribuente non disponeva di altro immobile che secondo la relativa classificazione catastale fosse destinabile ad uso abitazione e che, dunque, ricorrevano, nel caso di specie, ragioni economiche ed esigenze diverse ed ulteriori rispetto al mero vantaggio fiscale.

Avverso tale sentenza l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi:

- con il primo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1 tariffa, parte I, nota II bis, d.p.r. n. 131/1986, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per aver la CTR interpretato erroneamente la locuzione "casa di abitazione" senza metterla in relazione con la fruizione dell'agevolazione stessa, che può essere richiesta una sola volta per l'acquisto di un fabbricato da adibire ad abitazione, salvo il caso della vendita o donazione del bene precedentemente acquistato con agevolazione;

- con il secondo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 10, comma 1, I. n. 212/2000, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che il mutamento della destinazione d'uso del precedente immobile, acquistato con le agevolazioni in parola ed effettuato solo tre giorni prima del secondo acquisto, era teso ad aggirare la ratio sottesa ai benefici fiscali in parola.

Per la Cassazione i due motivi sono infondati.

L'art. 1 della tariffa, nota II bis, d.p.r. n. 131/1986 stabilisce che ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 2 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni:

a) che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto;

b) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare;

c) che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo.

In tema di agevolazioni tributarie e con riguardo ai benefici per l'acquisto della "prima casa", l’art. 1, quarto comma, e nota II bis, della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, prevede, quindi, tra le altre condizioni per l'applicazione dell'aliquota ridotta dell'imposta di registro, la non possidenza, da parte dell'acquirente, di altro fabbricato o porzione di fabbricato idoneo ad abitazione. A tal riguardo, all'espressione "idoneità ad abitazione" deve essere attribuita, anche alla luce della ratio della disciplina in esame, un'accezione non meramente oggettiva, bensì soggettiva, nel senso che, ai fini della valutazione di tale "idoneità”, occorre apprezzare le concrete esigenze personali, familiari e lavorative dell'acquirente, rispetto alle quali assume rilievo anche l'ubicazione dell'immobile posseduto.

In particolare, l'agevolazione per la cosiddetta prima casa, disciplinata dall'art. 1, lett. b), nota II - bis della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, subordina l'applicazione del beneficio all'acquisto di un'unità immobiliare da destinare a propria abitazione nel comune di residenza o (se diverso) ove si svolge la propria attività, alla non possidenza di altro immobile "idoneo" ad essere destinato a tale uso e alla dichiarazione formale, posta nell'atto di compravendita, di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato. Ne consegue che chi abbia il possesso di altra casa valutata come "non idonea" all'uso abitativo, sia per circostanze di natura oggettiva (es.: inabitabilità) che di natura soggettiva (es.: fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative) può ugualmente godere dell'agevolazione.

Tuttavia, già in precedenza la Cassazione ha avuto modo di chiarire che, ai fini della fruizione dei benefici per l'acquisto della "prima casa", l'art. 1, nota II-bis, della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 (nel testo vigente rattorte temporisaIla data del rogito, nella specie stipulato nel 2011), condiziona l'agevolazione alla non titolarità del diritto di proprietà "di altra casa di abitazione nel territorio del Comune ove è situato l'immobile da acquistare" senza più menzionare anche il requisito della "idoneità dell'immobile", presente invece nella precedente formulazione della norma, sicché non assume rilievo la situazione soggettiva del contribuente o il concreto utilizzo del bene, bensì soltanto il parametro oggettivo della classificazione catastale dello stesso (Cassazione - ordinanze n. 22560 del 10/08/2021 e n. 25646 del 21/12/2015).

Orbene, nel caso di specie, risulta ex actis e, comunque, non è contestato che:

1) con rogito del 28 febbraio 2005, la contribuente ha acquistato l'immobile usufruendo delle agevolazioni cd. "prima casa" e scontando, pertanto, le relative imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura ridotta, come previsto dalla normativa di settore ratione temporis vigente;

2) avendo la contribuente adibito il detto immobile ad uso studio privato, ha richiesto ed ottenuto la variazione d'uso e il contestuale passaggio dalla categoria catastale A/2 (abitazione civile) ad A/10 (studi privati);

3) successivamente, ha acquistato un nuovo immobile ad uso abitativo, usufruendo nuovamente delle agevolazioni prima casa, non risultando più titolare di alcuna abitazione principale, in virtù del fatto che quella precedente era passata a nuova e diversa destinazione.

Del resto, la mera contiguità temporale (tre giorni), evidenziata dall'Ufficio, tra il mutamento della destinazione d'uso e l'acquisto del nuovo immobile da adibire ad abitazione non è di per sé sufficiente per poter affermare la mala fede della contribuente; potendo, di contro, la circostanza essere valorizzata a favore dell'intento regolarizzativo e di adeguamento del dato catastale alla già da tempo invalsa destinazione fattuale (non abitativa) dell'immobile preposseduto.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte, per la Suprema Corte il ricorso non merita di essere accolto.

di Daniela Nannola

Fonte Normativa

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