venerdì, 26 settembre 2025 | 11:15

Piani di investimento manageriali senza carried interest

Forniti chiarimenti sulla qualificazione fiscale dei proventi derivanti da strumenti finanziari partecipativi emessi nell’ambito di un piano di investimento manageriale privo dei requisiti previsti dall’articolo 60 del D.L. 50/2017. Tali proventi, in assenza di un effettivo rischio di capitale, vanno ricondotti ai redditi di lavoro (AdE - Risposta 25 settembre 2025, n. 252)

Piani di investimento manageriali senza carried interest

Forniti chiarimenti sulla qualificazione fiscale dei proventi derivanti da strumenti finanziari partecipativi emessi nell’ambito di un piano di investimento manageriale privo dei requisiti previsti dall’articolo 60 del D.L. 50/2017. Tali proventi, in assenza di un effettivo rischio di capitale, vanno ricondotti ai redditi di lavoro (AdE - Risposta 25 settembre 2025, n. 252)

Il quesito trae origine dall’implementazione, da parte di una società partecipata da un fondo di investimento e da altri soci, di un piano di investimento rivolto a top e middle management mediante la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi (SFP). Questi strumenti non attribuivano diritti amministrativi né di rimborso, ma prevedevano un “ritorno economico” subordinato a determinati eventi di liquidità (quotazione, cessione della partecipazione del fondo, esercizio del recesso).

La società istante chiedeva se i proventi da SFP potessero qualificarsi come redditi di natura finanziaria, pur in assenza della presunzione assoluta di cui all’art. 60 DL 24 aprile 2017, n. 50, poiché non risultavano rispettati i requisiti del carried interest, in particolare la postergazione dei proventi al rendimento minimo spettante a tutti i soci.

L’Agenzia, dopo aver richiamato i principi generali di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente e la disciplina derogatoria del carried interest, ha evidenziato come nel caso concreto non ricorrano i presupposti normativi. In particolare:

- il “ritorno economico” è agganciato al solo disinvestimento del socio di minoranza (il Fondo), senza alcun allineamento con l’azionista di maggioranza e gli altri soci;

- manca un vincolo minimo di detenzione quinquennale degli strumenti, essendo previsto che la liquidazione possa avvenire al momento dell’uscita del Fondo, anche senza cambio di controllo;

- fino al 50% dell’investimento dei manager poteva essere finanziato dalla stessa società emittente, con rimborso posticipato all’evento di liquidità e compensazione automatica, riducendo l’effettivo rischio a carico dei sottoscrittori.

Questi elementi, secondo l’Amministrazione, dimostrano che i manager non assumono un ruolo autentico di investitori, non essendo esposti a un rischio sostanziale di perdita del capitale. Pertanto, il “ritorno economico” derivante dal riscatto degli SFP deve essere qualificato come reddito di lavoro dipendente (o assimilato), con conseguente obbligo per la società di applicare le ritenute fiscali come sostituto d’imposta.


In conclusione, la risposta ribadisce che la deroga del carried interest è applicabile solo quando sussiste un effettivo allineamento di interessi e rischi tra manager e investitori. In assenza di tali condizioni, prevale la regola generale dell’attrazione dei proventi nell’alveo dei redditi da lavoro.

di Anna Russo

Fonte normativa


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