giovedì, 25 settembre 2025 | 10:59

L'avviso bonario non è requisito di legittimità dell’accertamento

E' inammissibile il ricorso di un professionista contro un accertamento IRPEF e IVA basato su compensi non dichiarati, ritenendo regolarmente notificati gli atti presupposti, inclusa la comunicazione di irregolarità trasmessa via PEC (CASSAZIONE – Sez. trib. – Ordinanza 18 settembre 2025, n. 25573)

L'avviso bonario non è requisito di legittimità dell’accertamento

E' inammissibile il ricorso di un professionista contro un accertamento IRPEF e IVA basato su compensi non dichiarati, ritenendo regolarmente notificati gli atti presupposti, inclusa la comunicazione di irregolarità trasmessa via PEC (CASSAZIONE – Sez. trib. – Ordinanza 18 settembre 2025, n. 25573)

La controversia trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a un avvocato, con cui venivano recuperati a tassazione maggiori compensi di lavoro autonomo emersi dal confronto tra la dichiarazione del contribuente e i modelli 770 inviati dai clienti. L’interessato lamentava la mancata notifica della comunicazione di irregolarità e di un questionario, ritenendo così invalido l’atto impositivo. La CTP di Varese prima e la CTR Lombardia poi rigettavano i suoi ricorsi, evidenziando che la comunicazione risultava regolarmente inviata via PEC e che, in ogni caso, l’avviso bonario non costituisce adempimento obbligatorio in caso di accertamento ex art. 39, co. 1, lett. c), DPR n. 600/1973.

In Cassazione il contribuente denunciava violazioni di legge, contestando l’idoneità della documentazione prodotta dall’Ufficio a provare la notifica via PEC e la legittimità della notifica del questionario tramite posta ordinaria. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la comunicazione di irregolarità non è elemento necessario alla validità dell’accertamento, bensì una facoltà dell’Amministrazione. Inoltre, ha rilevato che la CTR aveva accertato in fatto la regolare notifica via PEC, documentata con prova tecnica allegata sin dal primo grado, e che il questionario era stato correttamente inviato tramite servizio postale ordinario, con perfezionamento della notifica secondo la disciplina applicabile alle raccomandate ordinarie.

La Cassazione ha quindi ritenuto che le doglianze del ricorrente mirassero solo a sollecitare un nuovo esame delle prove, non consentito in sede di legittimità. Per questo ha rigettato il ricorso, confermando l’accertamento e condannando il contribuente al pagamento delle spese processuali, oltre all’ulteriore contributo unificato previsto in caso di rigetto dell’impugnazione.

di Anna Russo

Fonte normativa