lunedì, 15 settembre 2025 | 10:45

IRAP e medici radiologi soci di società: la Cassazione nega il rimborso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22803 del 7 agosto 2025, ha confermato il rigetto della domanda di rimborso IRAP presentata da un medico radiologo socio al 50% di una società. Per i giudici, la sua partecipazione e il coinvolgimento nell’organizzazione escludono l’assenza del presupposto impositivo

IRAP e medici radiologi soci di società: la Cassazione nega il rimborso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22803 del 7 agosto 2025, ha confermato il rigetto della domanda di rimborso IRAP presentata da un medico radiologo socio al 50% di una società. Per i giudici, la sua partecipazione e il coinvolgimento nell’organizzazione escludono l’assenza del presupposto impositivo

La vicenda trae origine dal ricorso di un medico radiologo che aveva chiesto il rimborso dell’IRAP versata per il 2013, sostenendo di non disporre di autonoma organizzazione. La Commissione tributaria provinciale di Catania aveva respinto l’istanza, così come la CTR Sicilia in secondo grado. Il professionista ha quindi adito la Cassazione deducendo, tra l’altro, l’inammissibilità delle difese nuove formulate dall’Agenzia delle Entrate in appello, l’erronea applicazione della normativa sull’IRAP e l’omesso esame di fatti decisivi.

La Suprema Corte ha però respinto tutte le doglianze. In primo luogo, ha chiarito che la contestazione dell’Amministrazione circa i presupposti del diritto al rimborso costituisce una mera difesa, sempre proponibile in appello, e non una nuova eccezione vietata dall’art. 57 DLgs n. 546/92. Sul piano sostanziale, i giudici hanno richiamato i principi consolidati: l’IRAP colpisce il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate e il relativo presupposto sussiste quando il professionista sia responsabile dell’organizzazione, utilizzi beni strumentali eccedenti il minimo o si avvalga stabilmente di lavoro altrui.

Nel caso concreto, la CTR aveva accertato che il medico svolgeva la propria attività esclusivamente presso una società di cui era socio al 50%, utilizzandone la struttura complessa, dotata di personale, locali e beni strumentali, e fatturando alla stessa oltre un milione di euro. Tali elementi, uniti alla partecipazione societaria e al presumibile coinvolgimento gestionale, dimostravano l’esistenza di autonoma organizzazione. La Corte ha ritenuto quindi non assolto l’onere probatorio, gravante sul contribuente in qualità di attore sostanziale nella domanda di rimborso.

Le ulteriori censure sono state dichiarate infondate o inammissibili, anche perché ricorreva un caso di “doppia conforme” tra primo e secondo grado. In conclusione, la Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la debenza dell’IRAP e condannando il contribuente al pagamento delle spese processuali.

di Anna Russo

Fonte normativa

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