Lavoro agile non autorizzato: legittimo il licenziamento
Lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile non costituisce un diritto pieno del lavoratore, risultando esso comunque subordinato all’autorizzazione del datore di lavoro ed alla sottoscrizione di specifico accordo (Tribunale Ragusa – sentenza 11 luglio 2025 n. 1052, sez. lav.)
Lavoro agile non autorizzato: legittimo il licenziamento
Lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile non costituisce un diritto pieno del lavoratore, risultando esso comunque subordinato all’autorizzazione del datore di lavoro ed alla sottoscrizione di specifico accordo (Tribunale Ragusa – sentenza 11 luglio 2025 n. 1052, sez. lav.)
Un lavoratore con la qualifica di Quadro impugnava il licenziamento intimatogli dalla società datrice di lavoro che gli aveva contestato di aver impropriamente ed arbitrariamente espletato la prestazione lavorativa giornaliera secondo modalità assimilabili al cd Lavoro Agile, cui il lavoratore non era autorizzato, mediante un uso illegittimo/abusivo della connessione VPN e delle timbrature virtuali.
In relazione a tale addebito, il dipendente lamentava l’infondatezza della contestazione disciplinare, affermando di essere in possesso di tutti requisiti occorrenti ai fini della fruizione della modalità di lavoro agile e di avere comunque comunicato al proprio superiore gerarchico le giornate di svolgimento del lavoro agile da casa, come comprovato dallo scambio di messaggi whatsapp.
Ad avviso del lavoratore la prestazione di lavoro agile costituiva, in presenza di determinati presupposti, un vero e proprio diritto del dipendente, per l’esercizio del quale non occorreva alcuna autorizzazione, né il CCNL applicabile, concernente tale modalità di esecuzione della prestazione, disponeva che la stessa dovesse essere preventivamente autorizzata dal datore di lavoro.
Il Tribunale di Ragusa, in funzione di Giudice del lavoro, ha ritenuto non condivisibile la tesi del lavoratore, chiarendo che lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile (o smart working) non costituisce un diritto pieno del lavoratore, risultando esso comunque subordinato all’autorizzazione della parte datoriale ed alla sottoscrizione di specifico accordo nel contesto del quale devono essere dettagliatamente descritti gli aspetti rilevanti della prestazione stessa.
Non può, pertanto sostenersi che il lavoratore eventualmente in possesso dei requisiti idonei a consentire l’accesso preferenziale allo smart working possa in maniera del tutto autonoma decidere se e quando rendere la propria attività lavorativa in non meglio precisati locali diversi dalla sede aziendale.
Il dipendente interessato, per contro, é tenuto ad ottenere dal datore di lavoro una autorizzazione preventiva, da integrare indefettibilmente con la stipulazione dell’accordo individuale tra le parti.
Va, altresì, escluso che la formalizzazione dell’accordo scritto possa essere validamente sostituito dalla mera notizia (informale e implicita) offerta dal dipendente al proprio superiore gerarchico, essendo evidente la distinzione tra simili comunicazioni ed il complesso contenuto dell’accordo che deve intercorrere tra datore di lavoro e lavoratore.
Il giudicante ha, inoltre, evidenziato che la circostanza eventuale che il CCNL non contenga disposizioni di dettaglio riguardo all’autorizzazione al lavoro agile ed al conseguente accordo scritto non determina l’automatico sorgere di un pieno ed indiscriminato diritto allo smart working, ma impone piuttosto al dipendente interessato di attivarsi al fine di ottenere la redazione e sottoscrizione dell’accordo, con assoluto divieto (nelle more dell’iter in tal modo attivato) di svolgere attività lavorativa secondo una modalità agile del tutto autonomamente ed arbitrariamente stabilita.
Tanto premesso, nel caso di specie, l’ indebito ricorso allo smart working da parte del dipendente si configurava come condotta dotata di disvalore disciplinare, relativamente alla quale l’irrogato licenziamento costituiva sanzione proporzionata e legittima.
A ciò si aggiungeva che, avuto riguardo al contegno tenuto dal lavoratore, al ruolo professionale del medesimo e alle nozioni comunemente in possesso di qualsivoglia lavoratore dipendente, l’espletamento della prestazione lavorativa secondo modalità agile autonomamente ed unilateralmente decisa si atteggiava quale comportamento immediatamente percepibile dal suo autore come illecito, riconoscibile nel suo disvalore disciplinare pur in assenza di specifica previsione nel contesto di un codice disciplinare affisso in luogo accessibile a tutti i dipendenti.
Di Chiara Ranaudo
Fonte normativa