venerdì, 25 luglio 2025 | 12:11

Whistleblowing e onere della prova in caso di licenziamento ritorsivo

Qualora un lavoratore abbia inoltrato una segnalazione, spetta al datore di lavoro dimostrare che il licenziamento o altre misure ritorsive non siano stati adottati in risposta alla segnalazione (Tribunale Milano – sentenza 6 giugno 2025 n. 1680, sez. lav.)

Whistleblowing e onere della prova in caso di licenziamento ritorsivo

Qualora un lavoratore abbia inoltrato una segnalazione, spetta al datore di lavoro dimostrare che il licenziamento o altre misure ritorsive non siano stati adottati in risposta alla segnalazione (Tribunale Milano – sentenza 6 giugno 2025 n. 1680, sez. lav.)

Il caso

Un lavoratore impugnava il licenziamento a lui intimato per giusta causa dalla società datrice di lavoro, eccependo l’illegittimità della procedura disciplinare avviata a suo carico, la genericità e infondatezza degli addebiti e la natura ritorsiva del licenziamento.
Il dipendente, in particolare, asseriva che il provvedimento espulsivo fosse stato determinato da motivo illecito determinante ovvero dalla volontà di liberarsi di lui, per aver espresso, nell’ambito di un’ indagine condotta dal dipartimento di Risorse Umane, una valutazione negativa sul rapporto con la sua responsabile e per essersi avvalso della procedura interna di Whistleblowing, inoltrando una segnalazione in ragione dell’acuirsi delle tensioni con la superiore gerarchica.

La decisione del Tribunale

Il Tribunale di Milano, in funzione di Giudice del lavoro, ha accolto il ricorso del lavoratore, rilevando, preliminarmente, che incombe sul datore di lavoro la prova della sussistenza della giusta causa di licenziamento e tale prova, nel caso di specie, non era stata in alcun modo fornita, atteso che non era stato contestato alcun comportamento avente rilevanza disciplinare e comunque tale da integrare la giusta causa di licenziamento.
Accanto alla mancata prova della giusta causa di licenziamento, risultava accertato il carattere ritorsivo del recesso comminato al lavoratore whistleblower.
A riguardo il Tribunale ha precisato che l'onere della prova del carattere ritorsivo incombe normalmente sul lavoratore e può essere assolto con la dimostrazione di elementi specifici tali da far ritenere, con sufficiente certezza, l'intento di rappresaglia, intento che può essere desunto anche da semplici presunzioni.
Tuttavia, in caso di denuncia da parte del dipendente, spetta al datore di lavoro dimostrare che il licenziamento non è stato attuato come reazione alla segnalazione; tanto alla luce del recente intervento del legislatore che ha disciplinato l'onere della prova in caso di licenziamento ritorsivo nel DLgs n. 24 del 2023, che ha attuato la Direttiva Europea 2019/1937 sul whistleblowing, stabilendo che, nell'ambito di procedimenti aventi ad oggetto l'accertamento dei comportamenti, atti o omissioni vietati nei confronti del lavoratore whistleblower, si presume che gli stessi siano stati posti in essere a causa della segnalazione, della divulgazione pubblica o della denuncia all'autorità giudiziaria o contabile. L'onere di provare che tali condotte o atti sono motivati da ragioni estranee alla segnalazione, alla divulgazione pubblica o alla denuncia è a carico di colui che li ha posti in essere.
Pertanto qualora, come nel caso di specie, un lavoratore abbia inoltrato una segnalazione, spetta al datore di lavoro dimostrare che il licenziamento o altre misure ritorsive non sono stati adottati in risposta alla segnalazione. 
Nel caso sottoposto ad esame, inoltre, la stretta contiguità temporale tra la segnalazione e il licenziamento disciplinare, nonché l’irrilevanza disciplinare e insussistenza dei fatti addebitati, posti a base del licenziamento per giusta causa, dovevano ritenersi di per sé indici chiari dell’intento ritorsivo del provvedimento espulsivo.

Di Chiara Ranaudo

Fonte normativa