Demansionamento: per il risarcimento è necessaria la prova del danno
Dall'inadempimento datoriale non deriva automaticamente l'esistenza di un danno, il quale non è ravvisabile solo in ragione della potenzialità lesiva dell’atto illegittimo. Escluse forme di risarcimento per lesione in re ipsa (Cassazione – ordinanza 02 maggio 2025 n. 11586, sez. lav.)
Demansionamento: per il risarcimento è necessaria la prova del danno
Dall'inadempimento datoriale non deriva automaticamente l'esistenza di un danno, il quale non è ravvisabile solo in ragione della potenzialità lesiva dell’atto illegittimo. Escluse forme di risarcimento per lesione in re ipsa (Cassazione – ordinanza 02 maggio 2025 n. 11586, sez. lav.)
La Corte di Appello di Roma, accogliendo la domanda proposta da una lavoratrice a seguito di dequalificazione professionale, condannava la società datrice di lavoro al pagamento in favore della dipendente della somma spettante a titolo di danno da demansionamento, determinando il risarcimento equitativamente nella misura di un mezzo delle retribuzioni dovute nel periodo in questione.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società, lamentando che la Corte avesse errato nel condannare l’azienda al risarcimento, in difetto di prova del danno, senza indicazione degli elementi di fatto rappresentati dalla lavoratrice, al fine della presunzione del pregiudizio subito dalla stessa, e senza indicare il nesso causale tra la condotta datoriale ed il danno.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, rilevando, preliminarmente, che l'assegnazione a mansioni inferiori pacificamente rappresenta fatto potenzialmente idoneo a produrre una pluralità di conseguenze dannose, sia di natura patrimoniale che di natura non patrimoniale, non legate esclusivamente alla lesione dell'integrità psico-fisica, tuttavia, fermi gli oneri di allegazione e di prova gravanti su chi denuncia di aver subito il pregiudizio, dall'inadempimento datoriale non deriva automaticamente l'esistenza di un danno, il quale non è immancabilmente ravvisabile solo in ragione della potenzialità lesiva dell’atto illegittimo.
A riguardo il Collegio ha precisato che, pur essendo ammissibile desumere l'esistenza del danno, determinandone anche l'entità in via equitativa, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all'esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto, in ogni caso è necessario che il giudice del merito quanto meno indichi gli elementi attinenti alla vicenda fattuale in base ai quali ritenga provata l'esistenza del danno, al fine di scongiurare forme di risarcimento per lesione in re ipsa.
Nel caso di specie, invece, la sentenza impugnata si era limitata quantificare il risarcimento in una quota parte della retribuzione, senza, però, individuare le circostanze del caso concreto sulla base delle quali era stato indotto il convincimento del Collegio giudicante circa la sussistenza di un danno alla professionalità.
di Chiara Ranaudo
Fonte normativa