martedì, 22 luglio 2025 | 11:02

Mancata fruizione delle pause lavorative e risarcimento del danno da usura psico-fisica

La reiterata violazione della normativa in tema di pause lavorative può tradursi in un danno da usura psico-fisica per il dipendente, la cui esistenza può essere stabilita dal giudice anche tramite il ricorso a presunzioni (Cassazione – ordinanza 19 luglio 2025 n. 20249, sez. lav.)

Mancata fruizione delle pause lavorative e risarcimento del danno da usura psico-fisica

La reiterata violazione della normativa in tema di pause lavorative può tradursi in un danno da usura psico-fisica per il dipendente, la cui esistenza può essere stabilita dal giudice anche tramite il ricorso a presunzioni (Cassazione – ordinanza 19 luglio 2025 n. 20249, sez. lav.)

Il caso

La Corte d'appello di Roma riteneva fondato il ricorso di alcuni lavoratori avverso la pronuncia di primo grado che, accogliendo parzialmente la domanda proposta contro l'Azienda Regionale Emergenza Sanitaria datrice di lavoro, aveva riconosciuto loro il diritto a fruire della pausa giornaliera di almeno 10 minuti per ogni turno di servizio di durata superiore a sei ore svolto dal dicembre 2008 in poi.
I giudici di appello, in particolare, accoglievano la domanda di risarcimento per danno da usura psicofisica avanzata dai dipendenti in primo grado.
Avverso tale decisione la P.A. datrice di lavoro ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi, che i lavoratori non avessero dato la prova del pregiudizio effettivo subito, non avendo dimostrato né l'esistenza dei danni lamentati nè il nesso causale con la condotta datoriale.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, evidenziando che, sebbene nel nostro ordinamento non sia ammessa, in linea di principio, una responsabilità c.d. in re ipsa, in presenza di una specifica violazione di legge che, come nel caso in esame, incida sulle concrete condizioni lavorative, spetta al giudice del merito valutare se l'inadempimento datoriale assuma caratteri di tale gravità da arrecare un pregiudizio ai lavoratori e il relativo giudizio, ove motivato in maniera conforme ai principi dell'art. 111 Cost., non è sindacabile in sede di legittimità. Nella specie, era passato in giudicato l'accertamento del giudice di primo grado della violazione dell'art. 8 d. lgs. n. 66 del 2003, in base al quale al lavoratore, in difetto di disciplina contrattuale, spetta una pausa, tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti. La violazione si era protratta per dieci anni e, quindi, si era caratterizzata per la sua intensità, superiore a quanto comunemente accettabile. Sulla base di questi fatti, la Corte territoriale aveva ritenuto provata, nell'an, l'esistenza di un danno da usura psicofisica.
Dunque, nel caso di specie, nessun danno in re ipsa era stato riconosciuto, ma era stata dimostrata una lesione della sfera giuridica dei lavoratori che, essendosi protratta negli anni senza soluzione di continuità, era stata qualificata come idonea, almeno in via presuntiva, a produrre un pregiudizio significativo.
Tanto premesso, il Collegio ha dichiarato inammissibile il ricorso della datrice di lavoro sulla base principio di diritto secondo cui la reiterata violazione della normativa in tema di pause lavorative ex art. 8 d. lgs. n. 66 del 2003 può tradursi in un danno da usura psico-fisica per il dipendente, la cui esistenza può, in presenza di valida allegazione sul punto, essere stabilita dal giudice anche tramite il ricorso a presunzioni. Il relativo accertamento, qualora debitamente motivato in maniera conforme al disposto dell'art. 111 Cost., non è più sindacabile, in quanto tale, in sede di legittimità.

Di Chiara Ranaudo

Fonte normativa