Redditometro e obbligo dichiarativo: sì al termine lungo per l’accertamento anche con CUD
Con l’ordinanza n. 16289 del 17 giugno 2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sull’accertamento sintetico mediante redditometro, precisando i presupposti per l’applicazione del termine quinquennale di decadenza e chiarendo l’onere probatorio a carico del contribuente in caso di disinvestimenti utilizzati a giustificazione delle spese
Redditometro e obbligo dichiarativo: sì al termine lungo per l’accertamento anche con CUD
Con l’ordinanza n. 16289 del 17 giugno 2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sull’accertamento sintetico mediante redditometro, precisando i presupposti per l’applicazione del termine quinquennale di decadenza e chiarendo l’onere probatorio a carico del contribuente in caso di disinvestimenti utilizzati a giustificazione delle spese
Il caso trae origine da un avviso di accertamento sintetico con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava maggiore IRPEF nei confronti di un contribuente, sulla base della capacità di spesa desunta dal mantenimento di un immobile, dal pagamento di un mutuo e dall’acquisto di una vettura costosa. Il contribuente aveva impugnato l’atto eccependo, tra l’altro, la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere accertativo. La CTP di Roma gli aveva dato ragione, ritenendo applicabile il termine ordinario quadriennale. La CTR del Lazio, in riforma della decisione, ha invece ritenuto corretto applicare il termine più lungo, previsto per i casi di omessa dichiarazione dei redditi, e ha respinto le giustificazioni fornite in merito all’origine non reddituale delle somme utilizzate.
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione articolato in cinque motivi, tre dei quali riguardavano vizi formali dell’atto impositivo (tra cui la mancanza di legittimazione del sottoscrittore e l’omesso deposito della delega). La Corte ha accolto il primo motivo, rilevando l’omessa pronuncia da parte della CTR sull’appello incidentale proposto, configurando un vizio di motivazione.
Quanto al quarto motivo, inerente l'applicazione del termine quinquennale per l'accertamento in presenza di CUD, la Cassazione ha rigettato la censura. Ha confermato che anche in presenza di redditi da lavoro dipendente soggetti a ritenuta a titolo d’imposta, se l’Amministrazione dimostra elementi che evidenziano la presenza di ulteriori redditi non dichiarati – come quelli stimati tramite redditometro – il contribuente è da considerarsi soggetto all’obbligo dichiarativo. In tal caso, opera il termine più ampio previsto dall'art. 43, co. 2, DPR 29 settembre 1973, n. 600. La Corte ha ribadito che la sola presenza di un CUD non equivale alla presentazione di una dichiarazione dei redditi e che l’omessa dichiarazione giustifica il termine quinquennale, affermando il seguente principio di diritto:
«In tema di accertamento dei redditi, il termine di decadenza quinquennale previsto dall’art. 43, co. 2, DPR 29 settembre 1973, n. 600 per l’omessa dichiarazione si applica anche ai maggiori redditi accertati con metodo sintetico, pur in presenza di CUD per redditi da lavoro dipendente tassati alla fonte».
Più rilevante è invece l’accoglimento del quinto motivo. La Cassazione ha censurato la decisione della CTR per avere richiesto un collegamento diretto tra il disinvestimento (la vendita di un immobile intestato alla moglie) e le spese sostenute dal contribuente. Richiamando una consolidata giurisprudenza sul redditometro, la Corte ha precisato che il contribuente, per superare la presunzione legale relativa di maggiore capacità contributiva, non è tenuto a dimostrare il diretto utilizzo delle somme, ma può fornire una prova documentale di circostanze sintomatiche, come la disponibilità stabile e temporale della somma, che rendano verosimile il suo impiego per le spese contestate.
Secondo la Suprema Corte, la CTR ha errato richiedendo una prova più stringente di quella richiesta dalla legge e dalla giurisprudenza.
La Cassazione ha accolto il primo e il quinto motivo di ricorso, rigettando il quarto e dichiarando assorbiti gli altri. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria del Lazio in diversa composizione, per un nuovo esame della vicenda.
di Anna Russo
Fonte normativa
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