ICI e abitazione principale: incostituzionale il requisito della dimora abituale dei familiari
Illegittima la norma che subordinava l’esenzione ICI alla dimora abituale non solo del contribuente, ma anche dei suoi familiari. Come per l’IMU, si afferma il primato della residenza effettiva del contribuente (Corte Costituzionale - sentenza 18 luglio 2025, n. 112)
ICI e abitazione principale: incostituzionale il requisito della dimora abituale dei familiari
Illegittima la norma che subordinava l’esenzione ICI alla dimora abituale non solo del contribuente, ma anche dei suoi familiari. Come per l’IMU, si afferma il primato della residenza effettiva del contribuente (Corte Costituzionale - sentenza 18 luglio 2025, n. 112)
La Corte costituzionale, con la sentenza in oggetto n. 112/2025, interviene nuovamente sul tema delle agevolazioni tributarie relative all’abitazione principale, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, co. 2, DLgs 30 dicembre 1992, n. 504 (normativa ICI), nella parte in cui subordina l’esenzione fiscale alla dimora abituale anche dei familiari del contribuente, oltre che dello stesso.
Il giudizio trae origine da due ordinanze delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, che avevano rilevato un contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza (art. 3), capacità contributiva (art. 53) e tutela della famiglia (artt. 29 e 31 ). Il nodo critico stava nella norma che identificava l’abitazione principale con quella in cui il contribuente e i suoi familiari dimorano abitualmente, penalizzando i coniugi che, pur non separati, per motivi legittimi (lavoro, assistenza a familiari, etc.) vivevano in case diverse.
Richiamando la propria sentenza n. 209 del 2022 – che aveva già dichiarato incostituzionale una disposizione simile in materia di IMU – la Corte ribadisce che l’agevolazione per l’abitazione principale non può dipendere da elementi personali e familiari, ma deve basarsi su dati oggettivi: la disponibilità e l’effettiva dimora del contribuente nell’immobile. In altre parole, l’ICI – come l’IMU – è un’imposta “reale”, riferita al bene, e non “personale”, quindi non può legittimamente discriminare tra coniugi conviventi e non conviventi, o tra persone sposate e non sposate.
Secondo la Corte, subordinare l’esenzione alla coabitazione con i familiari viola il principio di eguaglianza, perché impone ai coniugi, a differenza dei single, l’onere di dimorare insieme per accedere all’agevolazione. Un’impostazione che si rivela anacronistica, alla luce delle mutate dinamiche familiari e sociali. Infatti, la mobilità lavorativa e l’evoluzione dei costumi rendono sempre più frequente la scelta di dimore distinte all’interno del nucleo familiare.
La disposizione censurata, interpretata in senso restrittivo dalla giurisprudenza di legittimità, aveva l’effetto di negare l’esenzione anche a chi dimorasse effettivamente nell’immobile ma non condivideva stabilmente la casa con il coniuge. In tal modo, risultava penalizzata proprio la scelta di vivere coniugalmente secondo modalità compatibili con le esigenze contemporanee, contrastando con l’art. 29 della Costituzione, che tutela la famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio”, e con l’art. 31, che impegna la Repubblica a favorirla anche con provvedimenti fiscali.
Con questa sentenza, la Corte riafferma l’orientamento per cui l’esenzione ICI, come ogni altra agevolazione, deve essere giustificata da criteri di oggettiva capacità contributiva, senza discriminazioni arbitrarie legate alla struttura del nucleo familiare. Il beneficio va riconosciuto a chi effettivamente vive nell’immobile di cui è titolare, indipendentemente dalla presenza o meno dei familiari conviventi.
di Anna Russo
Fonte normativa
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