Accordo sulla riduzione dell’orario di lavoro: spetta la contribuzione piena
Non sussiste alcuna possibilità per i datori di lavoro di modulare l'obbligazione contributiva in funzione dell'orario o della stessa presenza al lavoro che abbiano concordato con i loro dipendenti (Cassazione - ordinanza 14 maggio 2025 n. 12974, sez. lav.)
Accordo sulla riduzione dell’orario di lavoro: spetta la contribuzione piena
Non sussiste alcuna possibilità per i datori di lavoro di modulare l'obbligazione contributiva in funzione dell'orario o della stessa presenza al lavoro che abbiano concordato con i loro dipendenti (Cassazione - ordinanza 14 maggio 2025 n. 12974, sez. lav.)
Una Cooperativa proponeva ricorso avverso un verbale di accertamento INPS, con cui era stato contestato un debito contributivo conseguente al fatto che, con riferimento a periodi nei quali la prestazione lavorativa era stata svolta con orario ridotto rispetto a quello ordinario, la cooperativa aveva versato la contribuzione sulla retribuzione corrisposta e non su quella piena, come, invece, preteso dall'Istituto.
La domanda veniva respinta sia dal Tribunale che dalla Corte d'Appello. Avverso la sentenza di secondo grado la Cooperativa ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’illegittima determinazione della base imponibile e di conseguenza della pretesa contributiva e sanzionatoria.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, richiamando il consolidato orientamento secondo cui l'importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all'importo del c.d. «minimale contributivo», ossia all'importo di quella retribuzione che ai lavoratori di un determinato settore dovrebbe essere corrisposta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale. Tale regola è espressione del principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto all'obbligazione retributiva, in virtù del quale l'obbligo contributivo ben può essere parametrato ad un importo superiore rispetto a quanto effettivamente corrisposto dal datore di lavoro e la sua operatività concerne non soltanto l'ammontare della retribuzione c.d. contributiva, ma altresì l'orario di lavoro da prendere a parametro, che dev'essere l'orario di lavoro normale stabilito dalla contrattazione collettiva (o dal contratto individuale, se superiore).
Pertanto, come evidenziato dal Collegio, non sussiste alcuna possibilità per i datori di lavoro di modulare l'obbligazione contributiva in funzione dell'orario o della stessa presenza al lavoro che abbiano concordato con i loro dipendenti: l'obbligazione relativa ai contributi deve piuttosto ritenersi affatto svincolata dalla retribuzione effettivamente corrisposta e semmai connotata da caratteri di predeterminabilità e oggettività, anche in funzione della possibilità di un controllo da parte dell'ente previdenziale, per modo che rimane dovuta nell'intero ammontare previsto dal contratto collettivo anche nei casi di assenza del lavoratore o di sospensione della prestazione lavorativa che costituiscano il risultato di un accordo tra le parti, derivante da una libera scelta del datore di lavoro e non da ipotesi previste dalla legge e dal contratto collettivo medesimo, quali malattia, maternità, infortunio, aspettativa, permessi, cassa integrazione.
Di Chiara Ranaudo
Fonte normativa