martedì, 15 luglio 2025 | 11:48

TAR Lazio legittima il nuovo Codice deontologico dei Commercialisti, frattura nella categoria

Con la sentenza n. 13710/2025, pubblicata l’11 luglio, la Quinta Sezione bis del TAR del Lazio ha respinto il ricorso dell’ANC contro il nuovo Codice deontologico approvato dal CNDCEC il 21 marzo 2024. La pronuncia conferma la legittimità formale del provvedimento, ma l’Associazione Nazionale Commercialisti denuncia un approccio autoritario e un codice “punitivo e liberticida” (CNDCEC e ANC comunicati 14 luglio 2025)

TAR Lazio legittima il nuovo Codice deontologico dei Commercialisti, frattura nella categoria

Con la sentenza n. 13710/2025, pubblicata l’11 luglio, la Quinta Sezione bis del TAR del Lazio ha respinto il ricorso dell’ANC contro il nuovo Codice deontologico approvato dal CNDCEC il 21 marzo 2024. La pronuncia conferma la legittimità formale del provvedimento, ma l’Associazione Nazionale Commercialisti denuncia un approccio autoritario e un codice “punitivo e liberticida” (CNDCEC e ANC comunicati 14 luglio 2025)


La pronuncia

Il nuovo Codice deontologico dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, frutto dell’approvazione da parte del Consiglio Nazionale presieduto da Elbano de Nuccio, è stato oggetto di un ricorso da parte dell’ANC (Associazione Nazionale Commercialisti), che ne ha contestato le modalità di adozione, il contenuto e il carattere ritenuto illiberale. Il TAR, con sentenza n. 13710/2025, ha respinto tutte le censure e confermato la piena legittimità dell’atto sotto il profilo giuridico-amministrativo.

La pronuncia ha ritenuto infondati i principali rilievi mossi dai ricorrenti:

- sulla pubblicità informativa, è stato ritenuto conforme alla direttiva Bolkestein il divieto, non assoluto ma “relativo”, di inviare email o comunicazioni telematiche non richieste;

- sull’uso del linguaggio promozionale, è stata giudicata legittima la limitazione all’impiego di termini “enfatizzanti”, “suggestivi” o “superlativi”, poiché volte a garantire trasparenza e rispetto della dignità professionale;

- sulla libertà di critica, il TAR ha ribadito che le espressioni offensive possono essere legittimamente sanzionate anche se espresse fuori dall’attività professionale, quando compromettono l’immagine della categoria;

- sul processo di formazione del Codice, il Collegio ha escluso la violazione delle regole di trasparenza, riconoscendo che il Consiglio nazionale ha attivato una consultazione pubblica estesa e non era tenuto ad applicare le linee guida del Dipartimento della Funzione Pubblica;

- sulle sanzioni disciplinari, l’inasprimento previsto è stato considerato una scelta discrezionale interna al potere normativo dell’ente, insindacabile salvo manifesta irragionevolezza.

Le reazioni a confronto

Il CNDCEC, in un comunicato ufficiale del 14 luglio 2025, ha accolto con favore la pronuncia, affermando che essa “certifica la piena legittimità dell’operato del Consiglio Nazionale sia sotto il profilo del metodo di elaborazione del nuovo Codice sia in merito al contenuto delle regole deontologiche adottate”, sottolineando la coerenza delle disposizioni con gli standard europei e la tutela della dignità professionale.

Di tono opposto la reazione dell’ANC, che ha definito “trionfalistico” il commento del presidente de Nuccio, sostenendo che la sentenza non attesta la bontà del Codice, ma solo la sua legittimità formale. “Il TAR non salva il Codice. Salva solo il potere di chi lo ha imposto” – si legge nel comunicato dell’associazione – che accusa il Consiglio nazionale di aver adottato regole punitive, senza ascoltare una parte significativa della categoria.

L’ANC denuncia che il Codice sarebbe “nato senza la categoria e contro una parte della categoria”, introducendo norme liberticide come:

- il divieto di invio di email informative, anche se conformi alla legge;

- la censura preventiva su toni considerati “enfatizzanti” o “suggestivi”;

- il divieto di citare clienti, anche con consenso esplicito;

- restrizioni alla libertà di critica, anche in ambito elettorale.


Particolarmente grave, per l’ANC, è stato l’aver dovuto ricorrere al TAR per ottenere, tramite giudizio sull’accesso agli atti, la documentazione utilizzata nella stesura del Codice, a dimostrazione – secondo l’Associazione – di un metodo chiuso e autoriferito.

Nel comunicato, l’ANC rifiuta l’idea di una “deontologia come disciplinamento” e rivendica il diritto alla critica e al dissenso: “Ogni codice che pretende obbedienza senza ascolto, disciplina senza confronto, autorità senza rappresentanza, è un codice che ha già tradito la sua missione”.

di Anna Russo

Fonte normativa