lunedì, 07 luglio 2025 | 11:07

Revisori contabili: no all'IRAP se titolari di una quota minima societaria

Con l’ordinanza n. 15411 del 9 giugno 2025, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul delicato tema del rimborso dell’IRAP per i lavoratori autonomi, chiarendo i limiti interpretativi del requisito dell’“autonoma organizzazione”

Revisori contabili: no all'IRAP se titolari di una quota minima societaria

Con l’ordinanza n. 15411 del 9 giugno 2025, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul delicato tema del rimborso dell’IRAP per i lavoratori autonomi, chiarendo i limiti interpretativi del requisito dell’“autonoma organizzazione”

Il caso riguarda un revisore contabile che operava nell’ambito di una società, della quale era socio solo per una quota marginale.

Nello specifico, la vicenda prende avvio dal ricorso di un revisore contabile, che aveva chiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso dell’IRAP versata per gli anni 2012-2015, sostenendo di non disporre di un’autonoma organizzazione ai sensi dell’art. 2, co. 1, DLgs 15 dicembre 1997 n. 446. A seguito del silenzio-rifiuto dell’Ufficio, il professionista aveva adito le commissioni tributarie, che però avevano respinto la domanda.

Secondo i giudici di merito, infatti, l’attività svolta dal contribuente risultava integrata nella struttura organizzativa della società S.p.A., della quale egli era socio – seppur con una quota minima dello 0,85%. La Commissione aveva valorizzato il fatto che il professionista prestasse consulenza quasi esclusivamente per la società, usufruendo della sua struttura senza disporre di una sede o di dipendenti propri. Per i giudici, ciò era sufficiente a ritenere esistente un’autonoma organizzazione, in quanto l’attività risultava “valorizzata” dalla struttura societaria a cui egli di fatto partecipava.

Il contribuente ha proposto ricorso in Cassazione, articolando tre motivi:

- la violazione dell’art. 2, DLgs 15 dicembre 1997 n. 446, per avere la CTR attribuito rilievo esclusivo alla partecipazione, seppur minima, al capitale della società;

- l’erronea valutazione degli indizi circa l’esistenza di un’organizzazione autonoma, privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza;

- l’omessa pronuncia su un’eccezione relativa alla violazione del principio di legittimo affidamento, data la prassi dell’Agenzia di accogliere istanze simili.

Nel frattempo, nel febbraio 2025, l’Agenzia delle Entrate aveva riconosciuto in autotutela il rimborso richiesto per gli anni 2012-2015, ma il relativo pagamento non era stato ancora effettuato. La Corte ha ritenuto, perciò, inammissibile la richiesta dell’Amministrazione di dichiarare cessata la materia del contendere, in quanto l’effettiva corresponsione dell’importo non risultava documentata.

Nel merito, la Cassazione ha accolto il ricorso. La Corte ha richiamato i propri precedenti consolidati secondo cui l’IRAP non è dovuta se il professionista opera nell’ambito di una struttura organizzativa altrui, salvo che questa sia sotto la sua diretta responsabilità o organizzazione. È irrilevante, dunque, una quota minima di partecipazione in una società, se l’attività non è svolta con una propria struttura organizzativa autonoma.

Richiamando precedenti analoghi, la Corte ha chiarito che anche i soci di società di revisione, titolari solo formalmente di una quota societaria e privi di una propria struttura, non sono soggetti a IRAP.

Nel caso in esame, la CTR non aveva compiuto una corretta verifica della sussistenza dell'autonoma organizzazione, basandosi esclusivamente sulla partecipazione societaria e sull’utilizzo della struttura della società, senza accertare se quest’ultima fosse effettivamente nella disponibilità organizzativa del professionista.

Pertanto, la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, affinché provveda anche sulle spese processuali.

di Anna Russo

Fonte normativa

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