giovedì, 29 maggio 2025 | 11:20

Istanza di rimborso generica non idonea alla formazione di un silenzio rifiuto impugnabile

La domanda di rimborso della maggior IRPEF versata che non quantifica l'importo preteso in restituzione non può considerarsi giuridicamente valida e idonea alla formazione di un silenzio-rifiuto impugnabile (Cassazione – Sez. trib. – Ordinanza 23 aprile 2025 n. 10603)

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Istanza di rimborso generica non idonea alla formazione di un silenzio rifiuto impugnabile

La domanda di rimborso della maggior IRPEF versata che non quantifica l'importo preteso in restituzione non può considerarsi giuridicamente valida e idonea alla formazione di un silenzio-rifiuto impugnabile (Cassazione – Sez. trib. – Ordinanza 23 aprile 2025 n. 10603)

Nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte, una ex dipendente dell'INPS titolare di trattamento pensionistico complementare erogato in forma di rendita periodica dal Fondo integrativo del predetto istituto, presentava alla Direzione Provinciale I di Roma dell'Agenzia delle Entrate un'istanza con la quale, sull'assunto che le prestazioni pensionistiche in discorso, assoggettate a imposizione ordinaria nella misura dell'87,50% dell'ammontare percepito, dovessero essere tassate separatamente mediante ritenuta a titolo d'imposta da operare con l'aliquota agevolata di cui all'art. 11, comma 6, del D. Lgs. n. 252 del 2005, chiedeva il rimborso della maggiore IRPEF versata per gli anni 2010-2014.

Formatosi il silenzio-rifiuto, la contribuente impugnava il diniego dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, la quale accoglieva il suo ricorso.

La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che  respingeva l'appello erariale. Osservavano i giudici regionali che la disciplina agevolativa introdotta dal menzionato art. 11, comma 6, del D. Lgs. n. 252 del 2005 doveva ritenersi applicabile anche ai soggetti, come la ex dipendente Inps, iscritti a forme pensionistiche complementari istituite alla data di entrata in vigore dello stesso decreto (1° settembre 2007), limitatamente alle prestazioni erogate dopo quella data, e che il beneficio fiscale da essa previsto spettava anche agli ex pubblici dipendenti, risultando «ingiustificata ed ampiamente discriminatoria» la diversa interpretazione sostenuta sul punto dall'Amministrazione Finanziaria.

Contro questa sentenza l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

 Con il primo motivo di ricorso, si censura l'impugnata sentenza per aver omesso di dichiarare l'originaria improponibilità della domanda della contribuente.

Viene, al riguardo, posto in evidenza che l'istanza di rimborso presentata dalla contribuente risultava estremamente generica, essendosi la stessa limitata a chiedere l'applicazione dell'aliquota agevolata del 9% sulle rate pensionistiche a lei corrisposte dall'INPS nei 48 mesi antecedenti al novembre 2014 e su quelle successive, senza quantificare l'importo preteso in restituzione.

A fronte di una simile richiesta, doveva escludersi che si fosse formato un silenzio significativo dell'Amministrazione Finanziaria impugnabile ex art. 19, comma 1, lettera g), del D. Lgs. n. 546 del 1992.

Con il secondo motivo, si sostiene che avrebbe errato la CTR nel ritenere applicabile alla presente fattispecie la previsione recata dall'art. 11, comma 6, del D. Lgs. n. 252 del 2005, non avendo essa considerato che: - la contribuente era iscritta a un vecchio fondo pensionistico integrativo soppresso a partire dal 1° ottobre 1999 e con montanti contributivi maturati tutti entro quella data; - la nuova disciplina fiscale non poteva comunque operare nei confronti dei dipendenti di pubbliche amministrazioni, giusta quanto disposto dall'art. 23, comma 6, dello stesso decreto.

Per la Suprema Corte il primo motivo è fondato e il suo accoglimento assorbe l'esame del secondo.

Per costante orientamento di questa Corte, le domande di rimborso prive dell'indicazione degli estremi dei versamenti eseguiti e dell'ammontare delle ritenute IRPEF subite, nonché degli importi pretesi in restituzione, non possono considerarsi giuridicamente valide e non sono, quindi, idonee alla formazione di un silenzio- rifiuto impugnabile, in quanto non consentono di valutare la fondatezza o meno della richiesta; né tale vizio è sanabile mediante il successivo deposito di documenti volti a colmare le predette lacune, il quale risulterebbe comunque tardivo per essere intervenuto nel corso di un procedimento che nemmeno avrebbe dovuto avere inizio.

In conclusione, si procede pertanto alla cassazione senza rinvio della gravata sentenza perché la domanda non poteva essere proposta.

di Daniela Nannola

Fonte Normativa

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