Entrate: ok al regime impatriati, anche in caso di sospensione del rapporto di lavoro
Con la risposta del 27 maggio 2025 n. 142, l'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito all'applicazione del nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati in caso di un patto di sospensione del rapporto di lavoro
Entrate: ok al regime impatriati, anche in caso di sospensione del rapporto di lavoro
Con la risposta del 27 maggio 2025 n. 142, l'Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito all'applicazione del nuovo regime agevolativo per i lavoratori impatriati in caso di un patto di sospensione del rapporto di lavoro
Nel caso di specie, l'istante dichiara di essere cittadino italiano iscritto all'AIRE, che intende rientrare a lavorare in Italia per una società trasferendo la propria residenza fiscale a partire dal 1° gennaio 2026.
In particolare, l'istante afferma che al rientro in Italia lavorerà per un datore di lavoro diverso da quello per il quale è stato impiegato all'estero prima del trasferimento e da quello per cui aveva lavorato in Italia prima del trasferimento all'estero, ma non specifica se i predetti soggetti appartengano al medesimo gruppo, limitandosi ad affermare che il gruppo cui appartiene la società per la quale lavorerà in Italia possiede una partecipazione di minoranza nella società estera, ma non esercita il controllo su detta società e perciò non la consolida integralmente ai fini della redazione del proprio bilancio consolidato.
L’Agenzia delle entrate ripercorre il nuovo regime agevolativo a favore degli impatriati, di cui all'art. 5, DLgs 27 dicembre 2023, n. 209, secondo cui, entro il limite annuo di 600.000 euro, i redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento se il lavoratore si impegna a risiedere fiscalmente in Italia per almeno quattro anni e non è stato residente nei tre periodi d'imposta precedenti il loro trasferimento. Nel caso in cui il lavoratore presta l'attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore dello stesso soggetto (datore/gruppo), la norma prevede l'allungamento del periodo minimo di pregressa permanenza all'estero che, da tre, aumenta a sei o sette anni, a seconda che si tratti o meno del medesimo soggetto (datore/gruppo) presso cui era svolta l'attività lavorativa in Italia prima del trasferimento all'estero.
Ciò posto, l'istante potrà applicare il regime impatriati:
- se è stato residente all'estero per almeno tre periodi d'imposta se non c'è coincidenza tra il datore di lavoro (medesima società o altra società riconducibile al medesimo gruppo come definito ai sensi dell'art. 2359, co. 1, n. 1) e 2), c.c.) per il quale il lavoratore è stato impiegato all'estero nel periodo d'imposta precedente il rientro in Italia e quello presso il quale lavorerà dopo il trasferimento in Italia;
- qualora, invece, vi sia coincidenza, il periodo minimo di pregressa permanenza all'estero da tre, aumenta a sei o sette anni, a seconda che continui a lavorare per lo stesso datore di lavoro per il quale ha lavorato all'estero e se questo coincide con il datore di lavoro presso il quale ha lavorato durante il periodo d'imposta precedente il trasferimento all'estero o, comunque, fino alla data in cui avviene tale trasferimento.
In assenza di ulteriori condizioni poste dalla norma, non assume rilievo la circostanza che l'istante abbia sottoscritto con il datore di lavoro per cui lavorerà in Italia al rientro un patto di sospensione del rapporto di lavoro con decorrenza dal 15 gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, successivamente prorogato fino al 31 dicembre 2025 al fine di poter sviluppare una collaborazione professionale con la società presso la quale già svolge l'attività lavorativa all'estero.
Infine, l'Agenzia chiarisce che, trattandosi di accertamenti di fatto, non è possibile valutare in sede di interpello l'appartenenza delle citate società allo stesso gruppo, nè confermare la sussistenza dei requisiti di elevata qualificazione e specializzazione previsti dal nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati. Inoltre, anche la verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l'effettiva residenza fiscale di un soggetto riguarda elementi di fatto che, non possono essere oggetto di istanza di interpello ai sensi dell'art. 11, L 27 luglio 2000, n. 212, restando impregiudicato il potere di controllo dell'Amministrazione finanziaria.
di Ilia Sorvillo
Fonte normativa
Approfondimento