lunedì, 26 maggio 2025 | 11:33

Mancato rispetto dell'orario di lavoro: sì al licenziamento

Legittimo il licenziamento intimato alla lavoratrice assentatasi dal lavoro dopo aver rifiutato di eseguire la prestazione nell’orario stabilito dal datore di lavoro (Cassazione - ordinanza 09 maggio 2025 n. 12305, sez. lav.)

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Mancato rispetto dell'orario di lavoro: sì al licenziamento

Legittimo il licenziamento intimato alla lavoratrice assentatasi dal lavoro dopo aver rifiutato di eseguire la prestazione nell’orario stabilito dal datore di lavoro (Cassazione - ordinanza 09 maggio 2025 n. 12305, sez. lav.) 

Il caso

Una lavoratrice contratto di lavoro a tempo parziale impugnava il licenziamento per giusta causa intimatole dalla società datrice di lavoro e riguardante l'inadempimento all'ordine di iniziare all’orario stabilito la prestazione lavorativa e la conseguente assenza ingiustificata dal lavoro. Nel caso in esame, il datore di lavoro aveva previsto una riduzione dell'orario di lavoro della dipendente, senza variazione della retribuzione, da 30 a 28,5 ore settimanali, collocando tale riduzione all'inizio della giornata del sabato con termine della prestazione alle ore 12,30 rispettando la fascia oraria (9-14) originariamente stabilita.
In tale contesto, la condotta contestata alla dipendente era consistita nell'essersi presentata al lavoro nel giorno del sabato alle 9.00, anziché alla 10.30, come viceversa disposto dal datore di lavoro e poi, una volta invitata a ripresentarsi all'orario corretto, nell'essersi allontanata senza far più rientro al lavoro per l'intera giornata.
La Corte d'appello di Brescia, una volta rilevato che il licenziamento per giusta causa era stato intimato in relazione all'ultima di una serie di comportamenti del medesimo contenuto, tenuti continuativamente e sistematicamente dalla lavoratrice, tutti sanzionati disciplinarmente, concludeva che le plurime e reiterate condotte di insubordinazione e di assenza ingiustificata dal lavoro poste in essere giustificassero la sanzione espulsiva. 
Avverso tale sentenza la dipendente ha proposto ricorso per cassazione.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto infondate le doglianze della lavoratrice, giudicando condivisibili le conclusioni raggiunte dai giudici di merito, secondo cui la lavoratrice, in difetto di prova in ordine ad accordi scritti, orali o per fatti concludenti, non vantava un diritto alla collocazione della riduzione oraria alla fine della giornata del sabato; dunque, legittimamente la società l’ aveva collocata all'inizio della giornata. 
Difatti la società, dapprima, aveva intavolato una trattativa al fine di stabilire consensualmente l'orario di lavoro in conseguenza della riduzione operata dal CCNL, poi, essendo questa rimasta senza esito, nell'esercizio del potere organizzativo e di conformazione della prestazione lavorativa che compete al datore di lavoro, aveva stabilito l'orario con una decisione non pretestuosa ma derivata da precise esigenze organizzative, collegate all'operatività del punto vendita ove lavorava la dipendente.
Inoltre, se anche la società avesse erroneamente e infondatamente collocato la riduzione dell'orario di lavoro in una fascia oraria contraria agli accordi raggiunti dalle parti o alla legge, l'inadempimento in punto di determinazione dell'orario di lavoro, ove ritenuto sussistente, avrebbe rappresentato un inadempimento soltanto parziale e limitato ad una variazione di orario assai contenuta e di scarso rilievo nell'economia complessiva del rapporto di lavoro, in ogni caso non idoneo a giustificare le condotte poste in essere dalla lavoratrice.

di Chiara Ranaudo

Fonte normativa

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