Maggiorazione contributiva per invalidità: spetta anche per i periodi di aspettativa sindacale
La maggiorazione contributiva, riconosciuta ai lavoratori sordomuti e agl'invalidi in misura superiore al 74%, spetta anche ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali, per la durata dell'aspettativa non retribuita, equiparata sotto ogni profilo al lavoro effettivo (Cassazione - sentenza 14 maggio 2025 n. 12973, sez. lav.)
Maggiorazione contributiva per invalidità: spetta anche per i periodi di aspettativa sindacale
La maggiorazione contributiva, riconosciuta ai lavoratori sordomuti e agl'invalidi in misura superiore al 74%, spetta anche ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali, per la durata dell'aspettativa non retribuita, equiparata sotto ogni profilo al lavoro effettivo (Cassazione - sentenza 14 maggio 2025 n. 12973, sez. lav.)
La Corte d'appello di Milano, in riforma della pronuncia di primo grado, riconosceva il diritto di un lavoratore di fruire della maggiorazione contributiva prevista dall'art. 80, co. 3, L 23 dicembre 2000, n. 388, per i periodi di aspettativa sindacale goduti in virtù dell'art. 31, L 20 maggio 1970, n. 300.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale argomentava che la maggiorazione contributiva, riconosciuta ai lavoratori sordomuti e agl'invalidi in misura superiore al 74%, richiede un servizio effettivamente svolto e che tale requisito risulta soddisfatto in caso di aspettativa sindacale, equiparata sotto ogni profilo al lavoro effettivo in base alla lex specialis dello Statuto dei lavoratori, atteso che una diversa interpretazione disincentiverebbe l'assunzione delle cariche sindacali e susciterebbe dubbi di legittimità costituzionale.
Contro la sentenza d'appello l'INPS ha proposto ricorso per cassazione, lamentando che la Corte avesse errato nel considerare utile ai fini della maggiorazione contributiva anche il periodo di aspettativa sindacale, non correlato a un'attività lavorativa effettiva e coperto da contribuzione figurativa.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, rilevando, preliminarmente, che il periodo di aspettativa per motivi sindacali va considerato, ai fini previdenziali, sotto ogni profilo, come periodo di effettivo lavoro.
Il Collegio ha, poi, evidenziato che il legislatore ha ritenuto meritevole di particolare tutela, sul versante previdenziale, la condizione di chi continui a lavorare in presenza di un'invalidità grave, idonea a rendere più penosa l'attività svolta.
Tale esigenza di protezione non è meno cogente quando il lavoratore ricopra una carica sindacale e dunque presti un'attività che, pur distinta da quella inerente al rapporto lavorativo medio tempore sospeso, in questo rapporto ha pur sempre la sua genesi.
In tale ipotesi, non si riscontra una mera sospensione del rapporto di lavoro, che valga a privare di ogni rilievo l'incidenza pregiudizievole dell'elevato grado d'invalidità. Alla sospensione fa riscontro, difatti, lo svolgimento di una diversa attività, nell'esercizio di un diritto fondamentale.
Proprio in ragione di tale peculiarità, si ravvisano, nel periodo di aspettativa sindacale, le medesime ragioni che sono all'origine dell'attribuzione del beneficio di maggiorazione contributiva prevista per l’invalidità: la condizione d'invalidità non cessa di ripercuotersi anche in quest'ambito e di connotare come più gravosa la funzione sindacale che il lavoratore, proprio in quanto lavoratore, ricopre. L'aspettativa sindacale, lungi dall'esaurirsi nella sospensione del rapporto di lavoro, si correla allo svolgimento di un'attività, foriera di rischi professionali comparabili a quelli delle altre categorie protette e contraddistinta da un più marcato carattere usurante, quando coinvolga una persona gravemente invalida.
I giudici di legittimità non hanno mancato, inoltre, di rilevare che con riguardo all'aspettativa sindacale l'ordinamento detta regole di particolare favore, valutandola ai fini della determinazione del trattamento pensionistico e del godimento delle prestazioni di malattia.
In tale prospettiva l’art. 31, L n. 300 del 1970, nel confermare la spettanza dei trattamenti di malattia a chi beneficia dell'aspettativa sindacale, mostra di conferire speciale rilievo alla tutela della salute del lavoratore anche in questa particolare vicenda del suo percorso professionale.
Una diversa interpretazione, dunque, frapporrebbe ostacoli ingiustificati all'esercizio dell'attività sindacale, pregiudicando proprio i lavoratori che si trovino in condizioni di maggiore vulnerabilità e il diniego della maggiorazione contributiva, a fronte dello svolgimento di attività sindacale da parte del lavoratore che versi in condizioni di più elevata invalidità, produrrebbe effetti discriminatori.
Sulla base di tali presupposti la Cassazione ha, infine, sancito il principio di diritto secondo cui il beneficio della maggiorazione contributiva, riconosciuto dall'art. 80, co. 3, L 23 dicembre 2000, n. 388, spetta, al ricorrere delle condizioni d'invalidità stabilite dalla norma, anche ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali, per la durata dell'aspettativa non retribuita prevista dall'art. 31, co. 2, L 20 maggio 1970, n. 300.
di Chiara Ranaudo
Fonte normativa