martedì, 13 maggio 2025 | 12:24

Indagini bancarie su conti di terzi: legittimo l'accertamento fondato su presunzioni legali

Con l'ordinanza n. 11338, del 30 aprile 2025, la Corte di Cassazione affronta nuovamente il tema dell'accertamento basato su indagini bancarie nei confronti di società a ristretta base partecipativa

Indagini bancarie su conti di terzi: legittimo l'accertamento fondato su presunzioni legali

Con l'ordinanza n. 11338, del 30 aprile 2025, la Corte di Cassazione affronta nuovamente il tema dell'accertamento basato su indagini bancarie nei confronti di società a ristretta base partecipativa

Nel caso in esame, la CTR accoglieva in parte l'appello di una s.r.l., esercente la gestione di uno stabilimento balneare, avverso la sentenza che aveva rigettato il suo ricorso contro l'avviso di accertamento emesso per IVA e IRAP. L'accertamento, per quanto ancora rileva in questo giudizio, traeva origine dalla ricostruzione induttiva dei ricavi, i cui risultati erano però assorbiti dalle risultanze delle indagini bancarie sui conti correnti dei soci.

Contro tale decisione propone ricorso per cassazione la società, in base a quattro motivi.

Con il primo motivo, la società ricorrente deduce che la mera mancanza della firma sul libro inventari non legittimasse il ricorso al metodo induttivo, non costituendo una violazione di gravità tale da inficiare l'attendibilità dell'intera contabilità. Nella parte finale del motivo censura altresì la motivazione apparente della parte della sentenza in cui la CTR ha ritenuto valida la percentuale di scarto del pesce utilizzata dall'ufficio, in base alla considerazione che si tratti di pesce congelato.

Il motivo, nella sua censura principale, è infondato. Questa Corte ha già affermato il condivisibile principio per cui in tema di accertamento del reddito d'impresa, l'omessa sottoscrizione delle scritture contabili non costituisce una mera irregolarità, bensì equivale alla inesistenza giuridica delle scritture stesse, con esclusione, pertanto, della loro attendibilità e conseguente legittimità del ricorso, da parte dell'amministrazione finanziaria, all'accertamento induttivo (art. 39, co. 2, DPR n. 600 del 1973).

Inoltre, come emerge dalla sentenza e dallo stesso avviso di accertamento integralmente trascritto dalla difesa erariale, la ricostruzione del maggior reddito della società è avvenuta in base alle risultanze delle indagini finanziarie sui conti correnti dei due soci ritenuti riconducibili, in assenza di altri redditi, alla società, e quindi in base a presunzioni legali e non in base alle presunzioni semplici proprie dell'accertamento induttivo. L'ulteriore censura, invero appena abbozzata nella parte finale dell'esposizione del motivo, è infondata in quanto la motivazione esiste ed è comprensibile, avendo la CTR sul punto evidenziato che già nell'avviso di accertamento l'ufficio aveva tenuto espressamente conto del possibile scarto e del calo di peso dei prodotti utilizzati per i pasti a base di pesce, con una motivazione logica circa la percentuale di scarto utilizzata del 25%; tale percentuale era dovuta infatti ai tipi di pesce in concreto utilizzati dal contribuente e alla circostanza che questi si serviva quasi esclusivamente di prodotti congelati.

Con il secondo motivo, la società sostiene che la decisione del giudice contiene un errore per omesso esame di fatti decisivi della controversia. Il motivo è inammissibile e infondato.

La doglianza, invero, propone un motivo coacervato, denunciando sostanzialmente vari vizi, senza possibilità di distinguerli, anche in contrasto logico tra loro, che danno luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l'inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili, non risultando specificamente separata la trattazione delle doglianze relative all'interpretazione o all'applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto. Inoltre, è denunciabile soltanto l'omesso esame di un fatto storico controverso, che sia stato oggetto di discussione e che sia decisivo.

Nel caso di specie, la CTR ha correttamente individuato e posto a base della propria decisione i principi di diritto in tema di risultanze delle indagini bancarie che costituiscono oggetto di un orientamento consolidato di questa Corte, riconoscendo la presunzione legale in favore dell'erario; ha poi evidenziato la tesi del contribuente, secondo cui le somme transitate sui conti derivavano da caparre versate dai soci. Ciò posto, la motivazione è esistente da un punto di vista grafico e si fonda sulla considerazione di un preciso dato documentale, cioè che le operazioni non risultassero nei libri contabili della società, come accertato dall'ufficio, ma anche evidenziando sul punto che la prova non è stata fornita.

Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta che l'ufficio non avrebbe giustificato alcuni movimenti bancari, di cui un assegno rilevante, emesso dalla stessa società. Il motivo è inammissibile, poiché, in questo caso il ricorrente svolge la sua critica nei confronti dell'ufficio e dell'accertamento e non nei confronti della sentenza impugnata e non indica in alcun modo in quale atto processuale la questione sia stata dedotta e in quali termini.

Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta la decisione della CTR sostenendo che il giudizio avrebbe dovuto essere sospeso, in quanto connesso ad un altro procedimento pendente a carico di un socio, destinatario di un avviso di accertamento, quale socio per l'IRPEF. Il motivo non è fondato.

Non sussiste alcun litisconsorzio necessario tra società e soci, ove si tratti di società a ristretta base societaria, sussistendo unicamente il nesso di pregiudizialità-dipendenza tra l'accertamento sociale e quello dei soci. Ove la causa risulti già definita in primo grado non vi è spazio per la sospensione necessaria del giudizio pregiudicato, ma semmai per l'applicazione della sospensione facoltativa, che appunto regola l'ipotesi in cui il suddetto rapporto riguardi una causa ormai pendente in sede d'impugnazione.

In conclusione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, condannando la società al pagamento delle spese di lite in favore dell'Agenzia delle Entrate.

di Ilia Sorvillo

Fonte normativa