Rinnovo del CCNL: esclusa la retroattività delle clausole dedicate al Codice disciplinare
In ipotesi di licenziamento va esclusa la retroattività delle clausole del contratto collettivo dedicate al Codice disciplinare se il rinnovo del CCNL, stipulato in epoca successiva a quella della intimazione del provvedimento espulsivo, si limita genericamente a far retroagire la propria vigenza ad epoca anteriore a quella dei fatti contestati (Cassazione - ordinanza 28 aprile 2025 n. 11147, sez. lav.)
Rinnovo del CCNL: esclusa la retroattività delle clausole dedicate al Codice disciplinare
In ipotesi di licenziamento va esclusa la retroattività delle clausole del contratto collettivo dedicate al Codice disciplinare se il rinnovo del CCNL, stipulato in epoca successiva a quella della intimazione del provvedimento espulsivo, si limita genericamente a far retroagire la propria vigenza ad epoca anteriore a quella dei fatti contestati (Cassazione - ordinanza 28 aprile 2025 n. 11147, sez. lav.)
La Corte d'appello di Caltanissetta dichiarava illegittimo il licenziamento disciplinare inflitto dalla società datrice di lavoro ad un lavoratore al quale era stata contestata la condotta consistita in ingiurie e minacce lievi al caposquadra.
La Corte territoriale, in particolare, riteneva che l'infrazione disciplinare addebitata al dipendente, seppur sussistente e antigiuridica, non integrasse gli estremi della giusta causa e del giustificato motivo soggettivo, con conseguente illegittimità per sproporzione della sanzione espulsiva irrogata; in ordine al regime sanzionatorio da applicare, ritenuto che la condotta non potesse ricondursi alle ipotesi punite con sanzione conservativa dal CCNL applicato in azienda, i giudici di appello disponevano ex art. 18, co. 5, L n. 300 del 1970 la risoluzione del rapporto di lavoro e la condanna al pagamento del risarcimento del danno, nonchè condanna al pagamento dell'indennità di mancato preavviso.
Avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi, che la Corte avesse errato nel non applicare il CCNL, rinnovato in epoca successiva alla condotta contestata e all’intimazione del licenziamento, che prevedeva una sanzione conservativa per il fatto contestato al lavoratore, con conseguente applicazione del regime sanzionatorio di cui all'art. 18, co. 4, L n. 300 del 1970, nonostante le parti sociali ne avessero espressamente previsto l'applicazione retroattiva.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo condivisibili le conclusioni dei giudici di merito che avevano rilevato che la sanzione conservativa invocata dal lavoratore era stata introdotta in un momento successivo sia alla condotta disciplinarmente contestata sia al provvedimento espulsivo adottato dal datore di lavoro; pertanto non poteva trovare applicazione al caso di specie.
Con riguardo all'efficacia nel tempo dei contratti collettivi di diritto comune, il Collegio ha chiarito che, in ordine alla previsione della disposizione finale di un contratto collettivo che fissi il periodo di efficacia e, in via del tutto generica, affermi la retroattività delle clausole - come nel caso sottoposto ad esame - deve escludersi che possano ritenersi incluse le disposizioni dettate in materia di Codice disciplinare.
I giudici di legittimità hanno, infine, evidenziato che il nuovo apparato sanzionatorio (art. 18, co. 4, L legge n. 300 del 1970 e, del pari, l'art. 3, co. 2, DLgs n. 23 del 2015) persegue, invero, il preciso obiettivo di riservare la sanzione più severa (ossia la tutela reintegratoria) in caso di abuso consapevole del potere disciplinare, che implica una sicura e chiaramente intellegibile conoscenza preventiva, da parte del datore di lavoro, della illegittimità del provvedimento espulsivo derivante o dalla insussistenza del fatto contestato oppure dalla chiara riconducibilità del comportamento contestato nell'ambito della previsione della norma collettiva fra le fattispecie ritenute dalle parti sociali inidonee a giustificare l'espulsione del lavoratore.
Il rispetto del principio di certezza del diritto e la finalità perseguita dai legislatori del novellato apparato sanzionatorio avverso i licenziamenti illegittimi impone, pertanto, di escludere la retroattività delle clausole negoziali del contratto collettivo dedicate al Codice disciplinare in un contesto, come quello in esame, in cui il nuovo contratto collettivo, stipulato in epoca successiva a quella della intimazione del provvedimento espulsivo, si limita genericamente (e quindi senza alcun riferimento esplicito al regime delle sanzioni disciplinari) a far retroagire la propria vigenza ad epoca anteriore a quella dei fatti contestati.
di Chiara Ranaudo
Fonte normativa