Il contratto di lavoro a termine non può essere risolto anticipatamente per giustificato motivo oggettivo
Qualora il datore di lavoro proceda ad una riorganizzazione del proprio assetto produttivo, non può avvalersi di tale fatto per risolvere in anticipo un contratto di lavoro a tempo determinato (Tribunale Grosseto - sentenza 02 aprile 2025 n. 172)
Il contratto di lavoro a termine non può essere risolto anticipatamente per giustificato motivo oggettivo
Qualora il datore di lavoro proceda ad una riorganizzazione del proprio assetto produttivo, non può avvalersi di tale fatto per risolvere in anticipo un contratto di lavoro a tempo determinato (Tribunale Grosseto - sentenza 02 aprile 2025 n. 172)
Una lavoratrice, assunta con contratto di lavoro a tempo determinato, con mansioni di lavapiatti, agiva in giudizio contro la società datrice di lavoro al fine di far accertare l’ illegittimità del licenziamento intimatole per giustificato motivo oggettivo.
La datrice di lavoro, in particolare, aveva fondato la propria decisione su difficoltà economiche nella gestione societaria, con conseguente necessità di riorganizzare l'attività produttiva e soppressione della mansione assegnata alla dipendente, asserendo di aver verificato l'impossibilità del c.d. repechage.
La lavoratrice, ritenuta l'illegittimità del recesso in quanto privo di valida motivazione, impugnava il licenziamento con richiesta di risarcimento del danno patito, pari all'importo delle retribuzioni che le sarebbero spettate dalla data del recesso anticipato fino alla naturale scadenza del contratto.
Il Tribunale ha accolto la domanda della lavoratrice, rilevando la carenza totale di indicazione delle motivazioni, in palese violazione dell'onere di specificazione del motivo del recesso gravante su parte datoriale, dal momento che, con l’atto di licenziamento, la società si era limitata a comunicare alla dipendente la sussistenza di difficoltà economiche, tuttavia nessuna indicazione, neppure latamente generica, era stata addotta circa le esigenze aziendali che avrebbero determinato tale decisione; la mancata indicazione del motivo rendeva, dunque, l'atto inefficace, quindi improduttivo di effetti.
Ma a venire in rilievo, nel caso di specie, era la natura stessa del contratto in esame, come evidenziato dal giudicante, che non ha mancato di ricordare che la disciplina di cui alla L 15 luglio 1966 n. 604 si applica ai rapporti di lavoro a tempo indeterminato, per i quali solo può ipotizzarsi la sopravvenienza di ragioni che rendano oggettivamente non più conveniente mantenere in vita il rapporto. Tanto non vale quando la durata sia già limitata nel tempo: da ciò consegue l'irrilevanza di ogni indagine volta ad accertare l'esistenza del giustificato motivo oggettivo posto a fondamento del recesso.
In definitiva, dunque, il rapporto di lavoro a tempo determinato, al di fuori del recesso per giusta causa di cui all'art. 2119 cod. civ., può essere risolto anticipatamente non già per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'art. 3 della legge n. 604 del 1966, ma soltanto in presenza delle ipotesi di risoluzione del contratto previste dagli artt. 1453 e ss. cod. civ.. Pertanto, qualora il datore di lavoro proceda ad una riorganizzazione del proprio assetto produttivo, non può avvalersi di tale fatto per risolvere in anticipo un contratto di lavoro a tempo determinato.
In mancanza di una giusta causa, come nel caso sottoposto ad esame, il recesso è illegittimo per violazione del termine contrattuale e obbliga il recedente al risarcimento integrale del danno. Il lavoratore ha quindi diritto alla retribuzione fino alla scadenza del termine, oltre al risarcimento degli ulteriori danni, se comprovati, con detrazione - qualora il datore di lavoro a sua volta ne fornisca prova - di quei guadagni che il lavoratore abbia conseguito in forza di un'occupazione successiva al licenziamento o avrebbe potuto conseguire se non fosse stato negligente nel reperire altra occupazione.
di Chiara Ranaudo
Fonte normativa