Cassazione: legittimo l'accertamento analitico induttivo anche con contabilità regolare
L'accertamento analitico-induttivo è ammesso anche in presenza di scritture contabili regolarmente tenute, se vi sono presunzioni gravi, precise e concordanti (Cassazione - ordinanza 20 marzo 2025 n. 7403, sez. trib.)
Cassazione: legittimo l'accertamento analitico induttivo anche con contabilità regolare
L'accertamento analitico-induttivo è ammesso anche in presenza di scritture contabili regolarmente tenute, se vi sono presunzioni gravi, precise e concordanti (Cassazione - ordinanza 20 marzo 2025 n. 7403, sez. trib.)
La pronuncia della Corte di Cassazione deriva dall’impugnazione, da parte di una s.r.l., di un avviso di accertamento notificatole dall’Agenzia delle Entrate, mirato a recuperare importi relativi a IRES, IRAP, e IVA. Erano stati appurati, infatti, un maggior reddito imponibile e un più elevato valore della produzione, sulla scorta di indagini bancarie svolte, oltre che sui conti correnti della società anzidetta, su quelli del suo legale rappresentante e socio maggioritario e di altre persone fisiche, rientranti nella compagine familiare di quest'ultimo.
Le movimentazioni bancarie riscontrate venivano reputate ingiustificate e riconducibili alla società sicché veniva rilevata l'esistenza di redditi societari non contabilizzati. La CTP, adita dalla contribuente, ne rigettava il ricorso.
La CTR, per converso, accoglieva il successivo appello della società, annullando per l'effetto l'avviso di accertamento. Contro detta pronuncia di seconde cure, l'Agenzia delle entrate proponeva ricorso di legittimità, affidato a tre motivi.
Con il primo motivo di ricorso lamentava la violazione degli artt. 36, co. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992 e 132 c.p.c., per apparenza della motivazione. Il primo motivo è infondato. La CTR ha effettivamente motivato la sua decisione, affermando che l'ente accertatore non aveva fornito alcuna prova della riconducibilità dei conti correnti intestati a terzi alla società accertata. Questa circostanza, unitamente alla correttezza della tenuta delle scritture contabili, rendeva illegittima l'applicazione, da parte dell'Agenzia, della presunzione relativa che avrebbe potuto giustificare l'accertamento con metodo analitico-induttivo. Di conseguenza, l'utilizzazione, da parte dell’Ufficio, delle risultanze dei conti correnti di terzi è legittima solo ove l'ente accertatore, contestualmente, dimostri la fittizietà dell'intestazione. In ultimo, la società aveva provato che, nell'anno dell'accertamento, non fosse operativa.
Con il secondo motivo di ricorso censurava la violazione degli artt. 2727 e ss. c.c., per avere la sentenza negato la rilevanza indiziaria degli elementi forniti dall'Amministrazione finanziaria. Il secondo motivo è fondato. Il giudice di secondo grado ha assertivamente trascurato di scandagliare e soppesare il complesso articolato degli elementi indiziari dedotti dall'Agenzia a supporto della riconducibilità delle operazioni in contestazione alla società.
Questa Corte ha anche osservato che in tema di IVA, l'accertamento fiscale svolto attraverso acquisizioni bancarie ai sensi dell'art. 51, co. 3, n. 7, DPR n. 633/1972, non è limitato ai soli conti bancari o postali o ai libretti di deposito intestati al titolare dell'azienda individuale o alla società, ma, in presenza di elementi sintomatici (quali il rapporto di stretta contiguità familiare, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi, congiunti nel periodo di imposta, l'infedeltà della dichiarazione, l'attività di impresa compatibile con la produzione di utili o, come nella specie, l'essere quella oggetto di verifica un'impresa familiare) può essere esteso anche a quelli intestati a terzi. Nella recente cornice nomofilattica, inoltre, è stato di recente affermato anche che in tema di accertamento dell'imposta sui redditi, le verifiche fiscali finalizzate a provare, per presunzioni, la condotta evasiva possono anche indirizzarsi sui conti bancari intestati al coniuge o al familiare del contribuente, potendo desumersi la riferibilità a quest'ultimo da elementi sintomatici.
Con il terzo motivo di ricorso denunciava la violazione degli artt. 32 DPR n. 600/1973 e 51 DPR n. 633/1972, per avere la CTR valorizzato nell'economia della decisione il dato irrilevante della "corretta tenuta delle scritture contabili". Il terzo motivo è fondato. Nell’escludere il ricorso alle risultanze delle indagini bancarie sui conti dei terzi, la CTR ha valorizzato come assorbente la tenuta delle scritture contabili. In tal modo si è posta in urto con il principio espresso da questa Corte alla cui stregua l'accertamento con metodo analitico-induttivo, con cui il fisco procede alla rettifica di singoli componenti reddituali, ancorché di rilevante importo, è consentito pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, giacché la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata.
In ultima analisi, la Suprema Corte, rigettato il primo motivo del ricorso, ha accolto il secondo e il terzo. La sentenza va, pertanto, cassata, con rinvio per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di II Grado.
di Ilia Sorvillo
Fonte normativa