Infortunio del lavoratore e responsabilità del committente
In materia di infortuni sul lavoro il committente ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati (Cassazione - sentenza 24 marzo 2025 n. 11603, sez. IV pen.)
Infortunio del lavoratore e responsabilità del committente
In materia di infortuni sul lavoro il committente ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati (Cassazione - sentenza 24 marzo 2025 n. 11603, sez. IV pen.)
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La Corte di appello di Reggio Calabria confermava la responsabilità del committente dei lavori per l’infortunio occorso ad un lavoratore presso il cantiere in cui lo stesso stava prestando la sua attività lavorativa, a causa del cedimento di una parete terrosa interessata da attività di sbancamento, cui seguiva la morte per soffocamento del predetto lavoratore presente all'interno dello scavo.
In particolare, la responsabilità per la condotta posta in essere dal committente era stata connotata da colpa generica e da colpa specifica per avere violato norme sulla sicurezza del lavoro, nello specifico per non avere predisposto, o comunque fatto elaborare, il piano di sicurezza previsto dall'art. 91, co. 1, lett. d), DLgs 9 aprile 2008, n. 81, nonché per aver omesso di designare il coordinatore per la progettazione e quello per l'esecuzione dei lavori. Un ulteriore profilo di responsabilità dell'imputato era stato altresì ravvisato nella mancata verifica dell'idoneità tecnico professionale della ditta incaricata dello scavo e, infine, nel non avere predisposto, nella zona superiore dello scavo e della parete di terra, idonee armature di sostegno necessarie per lo svolgimento dei lavori.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso l'imputato, rivendicando la sua veste di (mero) committente per sostenere il suo esonero dai profili di responsabilità colposa attribuitigli.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ribadendo, preliminarmente, che il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d'opera, sussiste tanto in capo al datore di lavoro (di regola l'appaltatore, destinatario delle disposizioni antinfortunistiche) quanto al committente; tale principio non conosce, tuttavia, un'applicazione automatica, non potendo esigersi dal committente un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori. Da tanto consegue che, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo.
Ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale aveva verificato in concreto l'incidenza della condotta del committente nell'eziologia dell'evento, alla luce dei parametri richiamati. L'imputato, invero, era stato avvisato dal lavoratore che questi avrebbe proceduto allo scavo, effettuato all'insaputa del progettista nonché direttore dei lavori, in palese difformità rispetto al progetto. L'esclusione del direttore dei lavori dalla possibilità di assolvere i propri doveri in merito alla sicurezza degli stessi aveva comportato la "ricaduta" della piena posizione di garanzia in capo al committente, nonché richiamato la disposizione dell'art. 90, DLgs n. 81/2008, nella formulazione vigente al momento del fatto, laddove prevedeva l’elaborazione di un piano di sicurezza il cui obbligo gravava sul committente, avendo egli proceduto all'effettuazione di opere non ancora progettate nel dettaglio e senza avvisare il direttore dei lavori, così esautorando quest'ultimo degli obblighi di garanzia sullo stesso incombenti per legge.
A ciò la Corte territoriale aveva aggiunto come la responsabilità dell'imputato risiedesse anche nel non aver effettuato una verifica delle capacità tecnicoprofessionali della ditta esecutrice dei lavori e anche dell’attività svolta dal lavoratore investito dal committente dei lavori di scavo.
Al riguardo, il Collegio ha ricordato che, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, il committente risponde dell'infortunio occorso al lavoratore autonomo ove sia dimostrato che egli abbia omesso di verificare la sua idoneità tecnico-professionale in relazione ai lavori da compiersi, specie in relazione a situazioni di oggettiva pericolosità, immediatamente percepibile, come nel caso in esame. In materia di infortuni sul lavoro, il committente ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati.
La sentenza impugnata era dunque immune da vizi laddove aveva ravvisato la colpa dell’imputato nell’avere questi acconsentito a che il lavoratore e l’appaltatore operassero al di fuori e senza il controllo del direttore dei lavori, senza seguire le indicazioni progettuali, nonché in assenza di un piano di sicurezza, tenuto altresì conto che la possibilità del crollo era prevedibile e prevenibile alla luce dell'ordinaria diligenza, mediante l'adozione di sistemi di sicurezza comuni e l'osservanza di quelle precauzioni in materie di scavi dirette proprio ad evitare i crolli e gli eventi quali quelli che avevano condotto alla morte del lavoratore.
Con riguardo, poi, all'asserito comportamento abnorme del lavoratore e la dedotta idoneità dello stesso ad interrompere il nesso di causalità tra la condotta contestata e l'evento, i giudici di legittimità non hanno mancato di rammentare che la condotta imprudente dell'infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio inerente all'attività svolta dal lavoratore e all'omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del garante. Deve, invero, considerarsi interruttiva del nesso di condizionamento la sola condotta del lavoratore che si collochi al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso, trattandosi in tal caso di un comportamento del tutto eccentrico ed esorbitante rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare.
In tema di infortuni sul lavoro, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante. Tanto non era avvenuto nel caso in esame, posto che l'evento si era verificato in ragione di condotte imprudenti e/o imperite e comunque non ossequiose delle generali e specifiche norme di cautela finalizzate proprio alla disciplina e al governo anche del rischio di comportamento imprudente del lavoratore.
Di Chiara Ranaudo
Fonte normativa