No all’espulsione per il lavoratore straniero “in emersione”
Dopo la presentazione della dichiarazione di emersione di lavoro irregolare non può essere legittimamente disposta l'espulsione del lavoratore straniero "in emersione" fino alla conclusione della procedura giurisdizionale in caso di impugnativa del provvedimento amministrativo reiettivo (Cassazione - ordinanza 12 marzo 2025 n. 6606, sez. I civ.)
No all’espulsione per il lavoratore straniero “in emersione”
Dopo la presentazione della dichiarazione di emersione di lavoro irregolare non può essere legittimamente disposta l'espulsione del lavoratore straniero "in emersione" fino alla conclusione della procedura giurisdizionale in caso di impugnativa del provvedimento amministrativo reiettivo (Cassazione - ordinanza 12 marzo 2025 n. 6606, sez. I civ.)
Il Giudice di Pace di Grosseto respingeva il ricorso di un cittadino albanese avverso il decreto di espulsione, emesso dal Prefetto di Grosseto, per essere lo straniero entrato in Italia e per essersi trattenuto nel territorio nazionale in violazione dell'art. 1, co. 3, L 68/2007.
Nel caso in esame, la domanda di emersione di lavoro irregolare presentata dal datore di lavoro a favore del cittadino straniero, occupato come bracciante agricolo, era stata respinta e tempestivamente impugnata dinanzi al TAR Toscana, che aveva rigettato il ricorso; quest’ultima sentenza era stata, tuttavia, impugnata dinanzi al Consiglio di Stato che, con ordinanza cautelare, aveva sospeso l'esecutività della sentenza di primo grado. Il decreto di espulsione era stato emesso e notificato nel corso di tale procedura di emersione.
Il Giudice di Pace riteneva legittima l'espulsione del ricorrente sul presupposto che non sussistesse alcun rapporto di pregiudizialità tra il giudizio avverso il decreto di espulsione e quello di impugnazione del provvedimento di rigetto della domanda di emersione innanzi al Giudice amministrativo, atteso che il rigetto della domanda di emersione, desumibile dalla sentenza del TAR Toscana, costituiva valido presupposto motivazionale del decreto di espulsione.
Avverso la suddetta pronuncia il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, lamentando che, attesa la pendenza della procedura di sanatoria al momento dell'adozione del decreto di espulsione e l'effetto automaticamente sospensivo dell'espulsione dovuto alla pendenza della domanda di sanatoria ai sensi dell'art. 103, co. 11, DL n. 34/2020, non si poneva una questione di rapporto di pregiudizialità e sussisteva il divieto di espulsione dello straniero nelle more della definizione del procedimento di sanatoria previsto dall'art.103, co. 17: il decreto espulsivo risultava, dunque, illegittimo per carenza del presupposto fondante in esso richiamato ovvero il trattenimento illegale dello straniero sul territorio nazionale, stante la pendenza della domanda di sanatoria.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, rilevando che, in tema di espulsione amministrativa dello straniero, laddove il ricorrente, nell'impugnazione del provvedimento espulsivo, prospetti la pendenza della procedura di emersione di lavoro irregolare, ai sensi del DL n. 34 del 2020, al giudice spetta solo accertare la data e la certezza dell'inoltro della dichiarazione prevista e non anche di compiere una prognosi sull’esito della domanda di sanatoria, del tutto estranea alla sua competenza, e, per effetto del D.L. 34/2020 art. 103, co. 17, dopo la presentazione della dichiarazione, non può essere legittimamente disposta l'espulsione del lavoratore straniero "in emersione", salvo che lo stesso risulti pericoloso per la sicurezza dello Stato o ricorrano le condizioni descritte al comma 10 della stessa disposizione, fino alla conclusione della procedura.
Ebbene, nella fattispecie in esame gli effetti del rigetto dell'impugnativa della decisione amministrativa di diniego della domanda di emersione per lavoro irregolare erano sospesi, operando la sospensiva cautelare del Consiglio di Stato, di conseguenza il decreto amministrativo di rigetto della domanda in sede amministrativa non era ancora definitivo e il procedimento di emersione non poteva dirsi concluso; ne conseguiva l'inefficacia sopravvenuta del provvedimento espulsivo in quanto non sostenuto da un titolo efficace. Seppure la procedura di emersione del lavoro irregolare poteva dirsi conclusa dinanzi all'autorità amministrativa, la pendenza di un ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di rigetto impediva di poter considerare l'intera vicenda di emersione del rapporto di lavoro effettivamente conclusa, pertanto non poteva essere disposta legittimamente l'espulsione dello straniero.
Tanto premesso il Collegio ha sancito il principio di diritto secondo cui, in tema di espulsione amministrativa dello straniero, per effetto dell’art. 103, co. 17, D.L 34/2020, dopo la presentazione della dichiarazione di emersione di lavoro irregolare, ai sensi dei commi 1 e 2 dell'art. 103, non può essere legittimamente disposta l'espulsione del lavoratore straniero "in emersione", salvo che lo stesso risulti pericoloso per la sicurezza dello Stato o ricorrano le condizioni descritte al comma 10 della stessa disposizione, fino alla conclusione della procedura giurisdizionale in ipotesi di impugnativa del provvedimento amministrativo reiettivo. Il comma 17 del citato art. 103, invero, ricollega il divieto di emissione del decreto di espulsione, salvo i casi descritti al comma 10, alla sola pendenza dei procedimenti per l'emersione del lavoro irregolare e la suddetta procedura non può dirsi conclusa in pendenza di un ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento amministrativo di rigetto.
Di Chiara Ranaudo
Fonte normativa