giovedì, 13 marzo 2025 | 10:54

Registrazione di conversazione fra colleghi ed esercizio del diritto di difesa

La registrazione di un colloquio fra colleghi, a cui partecipi chi registra, finalizzata ad acquisire prove da utilizzare in sede giudiziaria, non è lesiva del diritto alla riservatezza, seppure realizzata senza il consenso dell’interessato (Cassazione - ordinanza 5 marzo 2025 n. 5844, sez. II civ.)

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Registrazione di conversazione fra colleghi ed esercizio del diritto di difesa

La registrazione di un colloquio fra colleghi, a cui partecipi chi registra, finalizzata ad acquisire prove da utilizzare in sede giudiziaria, non è lesiva del diritto alla riservatezza, seppure realizzata senza il consenso dell’interessato (Cassazione - ordinanza 5 marzo 2025 n. 5844, sez. II civ.)

Il caso

La Commissione Medica di Disciplina dell'Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Enna infliggeva ad una professionista la sanzione della censura ex art. 40 punto 2) D.P.R. 221/1950 per violazione dell'art. 58 del Codice deontologico dei Medici, per avere posto in essere un comportamento scorretto, in violazione del dovere di rispetto reciproco e fiducia nei confronti di un collega; in particolare, la dottoressa aveva registrato senza autorizzazione una conversazione privata, intercorsa con il collega in ambiente e orario di lavoro, allo scopo di utilizzarne il contenuto come prova contro il direttore della U.O.C., da lei denunciato per abuso di ufficio e omissione di atti d'ufficio commessi in suo danno; il collega col quale la conversazione registrata era intercorsa aveva segnalato all'Ordine Provinciale la condotta della professionista che, violando il suo diritto alla riservatezza, aveva irreparabilmente compromesso il loro rapporto fiduciario (la registrazione era stata depositata in Procura in un giudizio penale a carico del terzo).
La Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie confermava la sanzione irrogata, respingendo il ricorso proposto dalla lavoratrice, la quale sosteneva la legittimità del proprio comportamento, necessitato dall'esercizio del proprio diritto alla difesa nel procedimento penale con un terzo.
Avverso questa decisione la professionista ha proposto ricorso per cassazione.


La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto ammissibile la doglianza della lavoratrice e cassato la decisione impugnata con la quale la Commissione centrale aveva considerato scorretta deontologicamente la registrazione in assenza di previo consenso perché attuata in violazione del diritto alla riservatezza e non scriminata dalla addotta necessità, da parte dell'incolpata, di procurarsi una prova rilevante in un giudizio penale. Nel provvedimento impugnato la condotta sanzionata era stata specificamente individuata come deontologicamente illecita in riferimento al diritto alla riservatezza, la cui violazione si sarebbe tradotta nella violazione delle norme di correttezza tra colleghi.
A riguardo, tuttavia, il Collegio ha precisato che nell'art. 24 DLgs n. 196/2003(Codice della privacy), vigente all'epoca di compimento dei fatti, la violazione del diritto alla riservatezza risultava specificamente scriminata dalla sussistenza di una particolare ipotesi, il contrapposto esercizio del diritto di difesa (e lo risulta tutt'oggi, in riferimento al DLgs 10/08/2018 n. 101 recante l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento UE 2016/679).
In tal senso, la Commissione centrale, nell'esaminare le ragioni scriminanti addotte dalla incolpata, non si era conformata a un principio di diritto consacrato nella norma dell'art. 24 del Codice della privacy, in applicazione - ancor prima - del principio generale di cui all'art. 51 cod. pen., secondo cui non è illecita la violazione del diritto alla riservatezza, cioè la condotta di registrazione d'una conversazione tra presenti in mancanza dell'altrui consenso, ove rispondente alle necessità conseguenti al legittimo esercizio del diritto di difesa in giudizio; in particolare, la scriminante opera a prescindere dalla esatta coincidenza soggettiva tra i conversanti e le parti processuali, purché l'utilizzazione di tale registrazione avvenga solo in funzione del perseguimento di tale finalità e per il periodo di tempo strettamente necessario. A ciò si aggiunge, come evidenziato dai giudici di legittimità, che il diritto di difesa non è limitato alla pura e semplice sede processuale, estendendosi a tutte quelle attività dirette ad acquisire prove in essa utilizzabili, ancor prima che la controversia sia stata formalmente instaurata mediante citazione o ricorso.

Di Chiara Ranaudo

Fonte normativa