martedì, 25 febbraio 2025 | 11:24

Licenziamento per condotte poste in essere in un precedente rapporto di lavoro

In tema di licenziamento per giusta causa, il vincolo fiduciario può essere leso anche da una condotta estranea al rapporto lavorativo in atto, non necessariamente successiva all'instaurazione del rapporto, a condizione che, in tal caso, si tratti di comportamenti appresi dal datore di lavoro dopo la conclusione del contratto e non compatibili con il grado di affidamento richiesto dalle mansioni assegnate e dal ruolo rivestito dal dipendente nell' azienda (Cassazione - ordinanza 18 febbraio 2025 n. 4227, sez. lav.)

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Licenziamento per condotte poste in essere in un precedente rapporto di lavoro

In tema di licenziamento per giusta causa, il vincolo fiduciario può essere leso anche da una condotta estranea al rapporto lavorativo in atto, non necessariamente successiva all'instaurazione del rapporto, a condizione che, in tal caso, si tratti di comportamenti appresi dal datore di lavoro dopo la conclusione del contratto e non compatibili con il grado di affidamento richiesto dalle mansioni assegnate e dal ruolo rivestito dal dipendente nell' azienda (Cassazione - ordinanza 18 febbraio 2025 n. 4227, sez. lav.)

Il caso

La Corte di appello di Napoli rigettava l’impugnativa del licenziamento per giusta causa intimato da una società ad un proprio dipendente, con mansioni di portalettere, a seguito di contestazione disciplinare.
Il fatto che aveva determinato il licenziamento riguardava il ritrovamento ad opera dei Carabinieri, presso un locale di proprietà del lavoratore, di un’ ingente mole di corrispondenza varia, risalente agli anni in cui lo stesso eseguiva la medesima prestazione lavorativa per conto della società in ragione di un precedente rapporto lavorativo.
La Corte territoriale considerava che tale condotta di sottrazione, manomissione e mancato recapito era stata posta in essere dal dipendente durante lo svolgimento dell’attività lavorativa ed era consistita nella totale negazione della prestazione a lui affidata in virtù delle mansioni svolte. Inoltre, sebbene il grave inadempimento del dipendente fosse stato posto in essere nell’ambito di un precedente rapporto di lavoro, il nuovo rapporto, costituito per effetto della conciliazione novativa, intercorreva con lo stesso datore di lavoro e le mansioni del lavoratore erano sempre quelle di portalettere, le stesse che svolgeva in occasione della condotta posta a base del licenziamento.
Sulla base di tali presupposti, i giudici di appello ritenevano proporzionata la sanzione espulsiva, atteso che non vi era dubbio che, nel caso di specie, la condotta del lavoratore di sottrazione e occultamento di pezzi di corrispondenza fosse stata consapevole e volontaria. 
Avverso tale decisione il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra I motivi, che la Corte avesse errato nel ritenere legittimo il licenziamento, giudicandolo come fatto avvenuto durante il rapporto di lavoro, e non come un fatto esterno, tale da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto.


La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, condividendo le conclusioni dei giudici di merito che, tenendo presente che le condotte contestate erano state poste in essere nel corso di un precedente rapporto lavorativo tra le medesime parti, avevano richiamato il principio di diritto secondo cui, in tema di licenziamento per giusta causa, il vincolo fiduciario può essere leso anche da una condotta estranea al rapporto lavorativo in atto, benché non attinente alla vita privata del lavoratore e non necessariamente successiva all'instaurazione del rapporto, a condizione che, in tale secondo caso, si tratti di comportamenti appresi dal datore di lavoro dopo la conclusione del contratto e non compatibili con il grado di affidamento richiesto dalle mansioni assegnate e dal ruolo rivestito dal dipendente nell'organizzazione aziendale.
Ebbene, nel caso di specie la corrispondenza oggetto degli addebiti era stata fortuitamente rinvenuta, in occasione di una perquisizione domiciliare, parzialmente manomessa, molti anni dopo le condotte stesse. Pertanto, tali pregresse condotte erano tutte emerse e, quindi, tutte erano state conosciute dalla datrice di lavoro ben dopo la conclusione del precedente rapporto tra le stesse parti.
L ’identità sia del datore di lavoro che delle mansioni del lavoratore rappresentava, però, aspetto di assoluto rilievo per verificare se i comportamenti pregressi del lavoratore integrassero una causa che non consentiva la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto.
La condotta del lavoratore che decideva volontariamente di non consegnare la corrispondenza, di sottrarla e di occultarla, per non essere scoperto, presso un locale di propria pertinenza, rappresentava la totale negazione di tutti i doveri facenti capo al portalettere al quale viene affidata la corrispondenza da consegnare ai destinatari e nei cui confronti, proprio per le modalità con cui viene resa la prestazione, fuori dall'ufficio e al di fuori di qualunque possibile controllo diretto da parte del datore di lavoro, l'affidamento deve essere massimo. In altre parole, l'accertamento delle condotte tra loro collegate di natura indubbiamente dolosa comprometteva definitivamente la fiducia del datore di lavoro che non poteva più fare affidamento sul futuro corretto adempimento della prestazione da parte del dipendente.

di Chiara Ranaudo

Fonte normativa