Leveraged buy out: il diritto alla detrazione Iva in capo alla società veicolo
L'Iva dovuta o assolta dalla società veicolo sugli acquisti di beni e servizi preordinati alla realizzazione di un'operazione di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento è detraibile (Cassazione - sentenza 09 agosto 2024 n. 22608)
Leveraged buy out: il diritto alla detrazione Iva in capo alla società veicolo
L'Iva dovuta o assolta dalla società veicolo sugli acquisti di beni e servizi preordinati alla realizzazione di un'operazione di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento è detraibile (Cassazione - sentenza 09 agosto 2024 n. 22608)
Nel caso di specie, la società veicolo, costituita al fine di consentire l'ingresso di nuovi azionisti nel controllo della società madre, nel periodo della sua esistenza ha svolto soltanto l'attività di possesso delle azioni della controllante, tuttavia dotandosi di partita IVA, onde essere identificata ai fini della relativa imposta.
Tale società ha ricevuto prestazioni di servizi di consulenza legati all'operazione di leveraged buy out, servizi che vennero resi da soggetti residenti in Italia, da altri soggetti residenti in Stati dell'UE e da soggetti residenti in Paesi terzi extra UE.
La società veicolo non ha esercitato il diritto alla detrazione dell'IVA addebitata nelle fatture delle prestazioni consulenziali ricevute dai fornitori italiani, mentre con riferimento alle prestazioni rese in suo favore da fornitori dell'Unione e di paesi terzi extra UE, ha applicato il regime del reverse charge.
Successivamente alla fusione inversa, una delle due società target ha presentato istanze di rimborso "atipico", quale successore universale per incorporazione della società veicolo. I dinieghi erariali opposti alle istanze di rimborso vennero impugnati con separati ricorsi alla CTP, che li accolse con due sentenze di identico tenore. Gli appelli dell'Agenzia delle Entrate, previa riunione, sono stati rigettati dalla CTR con la sentenza ora gravata dinanzi a questa Corte.
Il ricorso per cassazione dell'Agenzia delle Entrate è affidato ad un'unica censura, per avere la CTR erroneamente trascurato di considerare che l'identificazione ai fini IVA della Società veicolo valesse di per sé a renderla soggetto passivo ai fini della debenza di detta imposta. Detto motivo è infondato.
Resiste con controricorso la società target, spiegando ricorso incidentale condizionato che s'incentra anch'esso su un solo motivo, per non avere la CTR valorizzato la circostanza del progressivo mutamento in costanza di giudizio delle motivazioni poste dall'Ufficio alla base del rigetto della richiesta di rimborso, dacché, se i provvedimenti di diniego poggiavano sull'identificazione della società veicolo come "consumatore finale", successivamente nelle deduzioni di primo grado l'Agenzia rilevava come la società in parola fosse da considerare "soggetto passivo" e metteva in risalto negli atti d'appello che a prescindere da tale ultima circostanza l'identificazione ai fini IVA implicava di per sé "la territorialità dell'operazione comunitaria o extra UE posta in essere".
Parte ricorrente mette in evidenza, nel corpo della censura, che l'art. 43 della Direttiva CE del 28/11/2006 n. 112 prevede che la persona che è identificata ai fini IVA è considerata soggetto passivo e che tale identificazione "rende inderogabilmente soggetto passivo" la società; pone poi in luce che "se un soggetto si identifica ai fini IVA, si presume che per sua scelta egli dichiari che i servizi a lui resi si connettono ad una attività economica", salvo i servizi stessi non siano "destinati esclusivamente ad un uso privato". Nel motivo di ricorso si rimarca che la società veicolo "utilizzava i servizi di consulenza per un uso istituzionale e tutt'altro che privato, vale a dire per condurre a termine la complessa operazione di 'leveraged buy out'".
Ora, nel disattendere gli appelli erariali, la CTR ha, in effetti, testualmente valorizzato la circostanza per la quale "secondo i consolidati principi di giurisprudenza comunitaria, le holding statiche, vale a dire le società che si limitano a detenere partecipazioni in altre società senza interferire direttamente o indirettamente nella gestione delle stesse, non hanno la qualifica di soggetto passivo IVA"; ha soggiunto anche che il "livello comunitario è stato recepito in toto dalla normativa nazionale", dal momento che l'art. 4, co.5, DPR n. 633/1972 esclude che il possesso di partecipazioni, non strumentale né accessorio ad altre attività, costituisce attività commerciale. È stato poi richiamato dalla CTR il contenuto della Circolare n. 19/E/2018 che esclude la soggettività ai fini IVA delle holding statiche. I giudici d'appello insistono, inoltre, nel rimarcare che "l'elemento essenziale affinché una holding possa acquisire lo status di soggetto passivo IVA è, dunque, l'interferenza in modo diretto o indiretto, nella gestione delle partecipate, mentre il mero esercizio di direzione e coordinamento, in assenza dello svolgimento di attività economica, non è sufficiente a far acquisire alla holding la qualifica di soggetto passivo d'imposta". Le circostanze annoverate dalla CTR come confermative della non ascrivibilità a società veicolo della connotazione di soggetto passivo ai fini IVA sono le seguenti: la sua costituzione esclusivamente in funzione dell'acquisizione di una quota rilevante delle azioni di della società target.; la mancata effettuazione di operazioni passive in costanza di esistenza, al netto del compimento di "acquisti di servizi di consulenza, funzionali e necessari per porre in essere l'operazione finanziatala mancata effettuazione durante la propria esistenza di "alcuna operazione attiva". Infine, viene sottolineata la circostanza della mancata effettuazione da parte della società veicolo di "acquisti intracomunitari di beni".
La Suprema Corte osserva che nel caso che occupa si è al cospetto un'operazione inquadrabile nel c.d. merger leveraged buy out, ossia un'operazione volta all'acquisizione delle quote di partecipazione (del pacchetto azionario) di una società c.d. bersaglio (o target) da parte di un'altra società, generalmente costituita per l'occasione e con tale fine specifico (SPV o newco), la quale normalmente ricorre a fonti esterne di finanziamento; una volta acquisita la partecipazione, la società veicolo procede alla fusione, diretta o - com'è accaduto in quest'occasione -, inversa, con la società target, con l'effetto di ribaltare anche l'indebitamento sul patrimonio della società target, ormai confuso con quello della società veicolo (SPV). L'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta dalla società veicolo, qualora correlata ad acquisti di beni e servizi che si accertino preordinati alla realizzazione della tratteggiata operazione di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, è in linea di principio detraibile ai sensi degli artt. 19 e ss. DPR n. 633/1972, qualora la società risultante dalla fusione con la società c.d. target sia qualificabile alla stregua di soggetto passivo IVA e goda, a propria volta, del diritto alla detrazione dell'imposta.
In linea generale, la disciplina IVA subordina, infatti, l'esercizio del diritto alla detrazione dell'imposta ad un duplice presupposto:
- da un lato, è necessario che il soggetto che invoca la detrazione sia titolare dello status di "soggetto passivo" dell'imposta che ambisce a detrarre;
- dall'altro lato, è imprescindibile che i beni e servizi acquistati siano impiegati da tale soggetto passivo in funzione di operazioni sue proprie, soggette ad IVA, ossia di operazioni imponibili o di operazioni ad esse assimilate ai fini della detrazione.
Le fasi dell'operazione di merger leveraged buy out sono specificamente scandite: costituzione della società veicolo (SPV), ricorso al capitale di debito, acquisizione della società target da parte della società veicolo e successiva fusione per incorporazione di quest'ultima nella società target (o viceversa). Dette fasi rendono evidente che l'acquisizione della partecipazione nel capitale della società target, da parte della società veicolo, rappresenta una fase meramente transeunte e strumentale alla fusione della società veicolo medesima con quella che - transitoriamente - è la propria controllata. La fusione tra società veicolo e società target assurge, infatti, ab origine a presupposto necessario dell'intera operazione, in quanto funzionale alla congiunzione del debito finanziario della società veicolo con il patrimonio della società target.
La società veicolo è in grado di svolgere nel contesto dell'operazione ora in discorso un ruolo del tutto divaricato rispetto a quello di una holding destinata alla detenzione ed eventuale gestione di partecipazioni societarie. La c.d. società veicolo (SPV) non nasce, infatti, a meri fini di detenzione di partecipazioni, connotandosi, piuttosto, come strumento finalizzato ad attingere le risorse indispensabili all'acquisizione della società target, allo scopo precipuo di gestirne in via diretta l'azienda e di implementarne la struttura economico-finanziaria, in seguito al perfezionarsi di una già preordinata fusione.
In questo contesto, ai fini IVA l'acquisizione della società target s'atteggia ad attività preparatoria dell'attività economica che in esito all'acquisizione della società bersaglio verrà esercitata. Il sostenimento di per sé, da parte della società veicolo, di spese di investimento orientate all'acquisizione delle partecipazioni azionarie fa di detto ente un soggetto passivo, ancorché i beni e servizi acquistati non siano immediatamente utilizzati per lo svolgimento di tale attività economica, ma siano prodromici al suo concreto avvio.
Per il principio di neutralità immanente al regime dell'IVA le spese di investimento effettuate ai fini di un'operazione orientata all'esercizio finale dell'attività produttiva si iscrivono nel perimetro delle attività economiche. Non rileva, in altri termini, il momento in cui si realizzano le prime operazioni attive da parte di un ente, non potendosi ragionevolmente distinguere tra spese di investimento effettuate prima oppure in costanza dell'effettivo svolgimento dell'attività economica.
La società veicolo neocostituita, pertanto, sostiene i costi stessi con la finalità di utilizzare i beni o i servizi consulenziali acquistati per la prosecuzione dell'attività economica della società target, altrimenti non avrebbe neppure ragione di acquistarli.
Quand'anche manchi in capo alla società veicolo l'effettuazione di operazioni attive, nondimeno, ai fini del riconoscimento del diritto alla detrazione Iva, va evidenziato come questa Corte abbia più volte, dal canto suo, precisato che, se, da un lato, in ordine agli acquisti di beni ed in generale alle operazioni passive occorre accertare, ai fini della detraibilità dell'imposta, che ricorra l'effettiva inerenza all'esercizio dell'impresa, cioè il loro compimento in stretta connessione con le finalità imprenditoriali, d'altro lato, non è richiesto, tuttavia, "il concreto esercizio dell'impresa, potendo la detrazione dell'imposta spettare anche nel caso di assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività meramente preparatorie" poiché "è inerente all'esercizio dell'impresa anche l'acquisto di beni e servizi destinati alla costituzione delle condizioni necessarie perché l'attività tipica possa cominciare, rientrando nel concetto di strumentalità altresì le attività meramente preparatorie" (Cass. n. 7344 del 2011; Cass. n. 1578 del 2015; Cass. n. 18475 del 2016; Cass. n. 23994 del 2018).
In ultima analisi, le attività preparatorie costituiscono pur sempre esercizio di un'attività economica e, conseguentemente, anche l'acquisto dei beni e dei servizi necessari alla costituzione delle condizioni necessarie perché l'attività economica tipica dell'impresa possa concretamente iniziare devono considerarsi strumentali e inerenti allo svolgimento della futura attività economica.
di Ilia Sorvillo
Fonte normativa