martedì, 28 maggio 2024 | 13:37

Cassazione: registrazione di immobile a destinazione alberghiera

Imposta di registro da applicare al contratto di locazione di immobile con destinazione alberghiera e di affittacamere (CASSAZIONE - sentenza 22 maggio 2024 n. 14331, sez. trib.)

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Cassazione: registrazione di immobile a destinazione alberghiera

Imposta di registro da applicare al contratto di locazione di immobile con destinazione alberghiera e di affittacamere (CASSAZIONE - sentenza 22 maggio 2024 n. 14331, sez. trib.)

Nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte il notaio ha impugnato l'avviso di liquidazione dell'imposta di registro avente ad oggetto un contratto di locazione di immobile, con destinazione alberghiera e di affittacamere, deducendo il difetto di motivazione, la falsa applicazione dell'art. 10, comma 1, n. 8 del d.P.R. n. 633 del 1972 e la non corretta tassazione dell'atto con aliquota fissa anzichè proporzionale.

La Commissione Tributaria Provinciale ha accolto il ricorso in considerazione del difetto di motivazione e del principio di alternatività i.v.a./registro, avendo le parti assoggettato le prestazioni contrattuali ad I.V.A.

All'esito dell'appello, il ricorso è stato, però, rigettato. Nella sentenza di appello si legge che «ai sensi dell'art. 40 d.P.R. n. 131/1986, vigente ratione temporis, sono soggette all'imposta proporzionale di registro le locazioni di immobili strumentali di cui all'art. 10, comma 1, n. 8), del d.P.R. n. 633 del 1972, ancorchè siano imponibili agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto ovvero intervengano tra soggetti partecipanti al gruppo I.V.A.».

Avverso tale sentenza gli eredi del notaio, hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, e l'Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso , chiedendo il rigetto del ricorso.

Precisamente i ricorrenti hanno dedotto: 1) la nullità della sentenza, ai sensi all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per la violazione dell'art. 112 cod.proc.civ., atteso i giudici di appello hanno ritenuto dovuta l'imposta di registro, in misura proporzionale, in base ad una qualificazione degli immobili, diversa da quella data dall'Agenzia delle Entrate, che nell'avviso in esame ha fatto riferimento agli immobili abitativi e non a quelli strumentali, così operando una vietata integrazione processuale della motivazione dell'atto impositivo; 2) la violazione, ai sensi all'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 40 del d.P.R. n. 131 del 1986 nonchè 10, comma 1, n. 8, del d.P.R. n. 633 del 1972, anche in relazione alla ragionevolezza del prelievo ed alla capacità contributiva, in quanto proprio la natura strumentale dell'immobile comporta la legittimità della opzione per il regime I.V.A., per cui l'applicazione dell'imposta di registro, in aggiunta all'I.V.A, si tradurrebbe in una imposta sul volume di affari, incompatibile con la normativa unionale; 3) la violazione, ai sensi all'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell'art. 40, comma 1-bis, del d.P.R. n. 131 del 1986, in combinato disposto con l'art. 5, punto 1, lett. A-bis, della Parte Prima della Tariffa allegata al d.P.R., che ha introdotto, già dal 2006, l'aliquota dell'1% sulle operazioni in esame in luogo di quella del 2% pretesa dall'Agenzia delle Entrate; 4) la nullità della sentenza per l'incomprensibilità ed apparenza della motivazione; 5) la violazione, ai sensi all'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell'art. 17, comma 3, del d.P.R. n. 131 del 1986, e 5, punto A-bis, della Parte Prima della Tariffa allegata al d.P.R., avendo l'Agenzia preteso l'imposta su un canone di locazione non dovuto in base agli accordi contrattuali, secondo cui il conduttore ha assunto l'obbligo di provvedere, a sue spese, alla ristrutturazione dell'immobile e conseguentemente di corrispondere il canone di locazione solo a decorrere dal 2016.

In conclusione, per la Suprema Corte il primo motivo di ricorso deve essere accolto, con assorbimento degli altri, in applicazione del seguente principio di diritto: nel processo tributario, il giudice (di primo o di secondo grado) che si pronuncia su un rapporto tributario diverso da quello accertato nell'atto impositivo impugnato o, comunque, prescindendo del tutto dalla motivazione dell'atto impositivo impugnato, incorre in un'ultra-petizione, vietata dall'art. 112 cod.proc.civ., visto che il giudizio tributario, pur configurandosi come impugnazione-merito, deve restare entro i limiti posti, da un lato, dalle ragioni di fatto e di diritto esposte nell'atto impositivo impugnato e, dall'altro lato, dagli specifici motivi tempestivamente e ritualmente formulati dal contribuente.

La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata ed il giudizio rinviato alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui è demandata anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

di Daniela Nannola

Fonte Normativa

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