venerdì, 19 aprile 2024 | 10:20

Sottoposto a visita psichiatrica per accertarne l’omosessualità: risarcito l’agente penitenziario

Ha diritto al risarcimento del danno subito l’agente penitenziario sottoposto ad accertamenti psichiatrici finalizzati a valutare l’idoneità al servizio in ragione della presunta omosessualità, equiparata ad un disturbo della personalità (TAR Piemonte - sentenza 9 aprile 2024 n. 353)

Newsletter Inquery

Sottoposto a visita psichiatrica per accertarne l’omosessualità: risarcito l’agente penitenziario

Ha diritto al risarcimento del danno subito l’agente penitenziario sottoposto ad accertamenti psichiatrici finalizzati a valutare l’idoneità al servizio in ragione della presunta omosessualità, equiparata ad un disturbo della personalità (TAR Piemonte - sentenza 9 aprile 2024 n. 353)

Seguici:

Il caso

Un Agente Scelto della Polizia Penitenziaria chiedeva il risarcimento del danno non patrimoniale subito per la condotta dell’amministrazione datrice di lavoro, consistita nell’averlo sottoposto, in relazione ad un procedimento disciplinare instaurato nei suoi confronti, a controlli psichiatrici volti all’accertamento della propria omosessualità.
Il procedimento era stato avviato sulla base delle dichiarazioni rese da due detenuti ed era finalizzato all’accertamento di fatti consistiti nell’aver effettuato avances a sfondo sessuale verso gli stessi.
La Commissione Medica Ospedaliera intervenuta non riscontrava elementi da cui desumere l’inidoneità al servizio del lavoratore e il procedimento disciplinare veniva archiviato per mancanza di prova dei fatti contestati, alla luce dell’esito della seduta della commissione di disciplina.
Sulla scorta di tali elementi l’agente lamentava che la condotta con cui l’amministrazione l’aveva “messo alla gogna”, sottoponendolo a penetranti controlli psichiatrici, aveva determinato in lui uno stato di sofferenza, anche tenuto conto della diffusione, all’interno dell’ambiente di lavoro, di informazioni relative alla propria vicenda personale.
Il Ministero della Giustizia convenuto in giudizio, di contro, affermava la legittimità dell’operato dell’amministrazione in relazione all’apertura del procedimento disciplinare nei confronti del lavoratore, in quanto atto dovuto a fronte delle dichiarazioni spontaneamente rese dai detenuti, mentre, con riferimento alla sottoposizione a controlli psichiatrici, asseriva che gli stessi fossero finalizzati ad accertare l’idoneità al servizio dell’agente in ragione dello stato di ansia manifestato dal dipendente a seguito della contestazione dei fatti disciplinarmente rilevanti.

La decisione del TAR

Il Tar ha accolto il ricorso del lavoratore, evidenziando che la condotta tenuta dall’amministrazione potesse essere qualificata come illecita e foriera, per il ricorrente, di un danno non patrimoniale risarcibile.
Sotto il profilo dell’evento di danno, rilevava la circostanza per cui l’amministrazione aveva sottoposto il lavoratore ad un colloquio con il medico competente e, successivamente, ad un accertamento psichiatrico presso la C.M.O., al fine di fare chiarezza sulla “personalità” del dipendente in assenza di elementi concreti che consentissero di ritenere anche solo possibile che l’agente fosse affetto da un disturbo della personalità.
Tale decisione doveva ritenersi arbitraria e priva di un valido supporto giuridico, oltreché tecnico-scientifico, atteso che l’amministrazione indebitamente aveva operato una sovrapposizione tra l’orientamento sessuale del ricorrente e la necessità di “fare chiarezza sulla personalità” di quest’ultimo sul versante psichiatrico, operando un’illegittima inferenza tra la presunta omosessualità dell’agente e l’esistenza di un disturbo della personalità.
Una simile condotta, secondo quanto rilevato dal giudicante, è idonea ad arrecare una lesione non patrimoniale, sotto forma di danno c.d. morale, in quanto può ritenersi, che il dipendente abbia patito una sofferenza interiore derivante dall’essersi visto attribuire lo stigma di un disturbo della personalità da parte dei superiori gerarchici (con la conseguente sottoposizione a visita psichiatrica) senza che sussistesse alcun elemento indiziario che deponesse in tale direzione e suggerisse l’opportunità di espletare approfondimenti medico-legali.
Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la condotta dell’amministrazione doveva ritenersi quantomeno connotata da colpa in quanto posta in violazione di regole cautelari di condotta di diligenza e prudenza che devono ispirare l’amministrazione nella sottoposizione dei propri dipendenti a valutazioni mediche connotate da elevato grado di “invasività”, quali quelle che attengono alla sfera della personalità e dell’orientamento sessuale.
Il TAR non ha mancato di evidenziare che la circostanza di essere stato sottoposto ad accertamenti psichiatrici finalizzati a valutare l’idoneità al servizio in ragione della presunta omosessualità (rilevante, secondo l’amministrazione, sul piano della “personalità” del dipendente) fosse idonea a cagionare un danno non patrimoniale, sotto forma di sofferenza morale, in quanto veniva messa in dubbio l’idoneità del dipendente allo svolgimento delle proprie mansioni in ragione di quello che si presumeva fosse il suo orientamento sessuale, veicolando l’idea per cui l’omosessualità potesse essere ritenuta un disturbo della personalità.
In questa prospettiva non rileva la circostanza dell’effettivo orientamento sessuale del lavoratore, in quanto ciò a cui si ricollega l’esistenza del danno è la condotta consistita nell’aver attribuito al dipendente uno stato di salute (in tesi, un disturbo della personalità) tale da rendere necessario un accertamento psichiatrico, notoriamente connotato da un grado di invasività non trascurabile, in particolar modo nei casi in cui attenga ad una sfera strettamente personale quale quella dell’orientamento sessuale.

Di Chiara Ranaudo

Fonte normativa

Seguici: